Che fosse un genio il buon Marco Castoldi, in arte Morgan, era cosa ormai risaputa, basti sentire quanto fatto con i Bluvertigo e con il proprio esordio solista, ma il nostro è anche un musicista che ama sorprendere con la propria capacità di interprete.
Ed è questa ultima caratteristica che emerge da questa sua nuova release discografica.
Morgan da sempre si professa grande amante dei cantautori che hanno fatto la storia della musica italiana, e questa sua grande passione è sfociata nell'interpretazione di uno dei dischi più belli del grande Fabrizio De Andrè.
Il disco in questione è "Non al denaro, non all'amore nè al cielo", uno dei tanti capolavori del musicista genovese, basato sull'opera letteraria "Antologia di Spoon River" di Edgar Lee Masters.
Un'impresa ambiziosa senza dubbio quella dell'ex Bluvertigo, ma il nostro ha classe e il risultato è davvero qualcosa di magico.
Magia dovuta soprattutto all'atteggiamento con il quale il musicista si è avvicinato all'opera del Faber.
Egli infatti ha voluto rendere omaggio a un musicista e a un disco che ha amato alla follia e tutto questo traspare in ogni nota e in ogni parola dell'album.
Un omaggio che sfocia in un'interpretazione personale del disco senza però uscire dai sentieri tracciati dall'autore originale.
E a mio punto di vista è stato proprio questo approccio la scelta vincente.
L'album infatti è magnifico e Morgan da ennesima prova di essere un musicista dotato oltre che ad un grande interprete.
Coadiuvato da un gruppo di musicisti sopraffini, tra i quali Sergio Carnevale (ex batterista dei Bluvertigo) e il folle MegaHertz, il nostro riesce a riprodurre le atmosfere che caratterizzavano il lavoro originale.
Atmosfere nere e decadenti, ricordando il tema principale di tutta l'opera che è la morte, alle quali la voce del cantautore milanese si presta in maniera splendida per un risultato da mozzare il fiato.
E se è vero che il legame con l'opera originale è fortissima, nella versione morganizzata trovano posto anche alcune chicche.
La riproposizione dell'"Inverno di Vivaldi" e il lavoro svolto da tutto l'ensemble sul brano "Dormono sulla collina" sono delle vere perle di maestria e tecnica.
Va inoltre dato merito al musicista di aver introdotto anche strumenti inediti per l'opera faberiana, come il theremin, suonato per l'occasione dall'eclettico MegaHertz, che ben si amalgamo al contesto, accentuando le tematiche dell'album.
Personalmente amo alla follia "Il suonatore Jones" sia per quanto riguarda il testo che per la musica.
E qui il merito va soprattutto alla voce di Morgan, in grado di incantare e commuovere.
Meravigliosa anche "Un matto", con la band che gira a mille, e con un assolino di chitarra nella parte centrale, non invadente ma che da solo vale l'acquisto del disco.
Ma il vero punto di forza dell'album sono i testi originali scritti dal buon Fabrizio, che Morgan interpreta con il cuore in mano.
Testi dalla grande valenza sociale e culturale ma anche ironici e sarcastici come ne "Un giudice".
Commovente è "Un malato di cuore", mentre in "Un blasfemo" è da applausi l'interpretazione della band.
Autentico capolavoro è poi "Un medico", dal testo meraviglioso e con un'interpretazione vocale da parte di Morgan davvero da brividi.
Bellissime le atmosfere che scaturiscono invece da "Un chimico", in cui al tema della morte fortemente radicato nel testo del brano (così come in tutto il disco) si contrappone una melodia cristallina.
Stupenda oltre che molto divertente è "Un ottico", dove un istrionico Morgan guida i musicisti verso una sorta di marcia circense davvero degna di nota.
Le atmosfere tetre fanno ritorno nelle tre canzoni seguenti ("Primo cliente", "Secondo cliente" e "Terzo cliente"), dove una ritmica ossessiva di batteria e basso trova il giusto compendio in un'intersecarsi di voci per un risultato da brividi.
Giocosa è invece "Quarto cliente" piccolo intermezzo prima del già citato capolavoro "Il suonatore Jones", una versione bella da togliere il respiro.
L'album si conclude con una coda strumentale, degno sigillo ad una prova meravigliosa e con il reprise del tema iniziale.
Un disco di una bellezza cristallina, reso ancora più meraviglioso dal lavoro sui suoni effettuato dal musicista milanese.
Morgan ha mostrato con questo disco il suo lato da cantautore, interpretando un disco che egli ha amato, e lo ha fatto con risultati a dir poco eccezionali.
Non ci resta quindi che fare un plauso al nostro e alla band che lo ha supportato, nella speranza che egli imbocchi la strada del cantautorato.
Perchè se così fosse i risultati sarebbero da pelle d'oca.
Elenco e tracce
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Altre recensioni
Di ma3x
Se il clone (o la cover-album) è tanto simile all'originale, devo essere proprio un patito del genere per pagare un totale di 17 euri per avere tale prodotto.
Bello, molto bello, ma solo perché l'originale è bello, molto bello, dunque da bastardo lascio a te l'ardua sentenza.
Di Francesco Genovese
La musica italiana rinasce insieme ad un memorabile album di Fabrizio De Andrè, tutto questo grazie a Morgan.
Conoscere De Andrè è un’avventura meravigliosa nel mondo della buona musica e dei poetici testi.
Di Ghemison
In "Un matto" Morgan diviene delicato interprete psichedelico con un notevole trasporto nel canto.
L'album merita dimostrandosi temerario, spesso innovativo, nonostante cada ogni tanto a livello di un ottimo lavoro d’artigianato.