Non so più cosa attendermi dai Motorpsycho.

Per venire incontro alle mie limitate capacità mentali (citazione di dovere) farò una summa della situazione. Che a confronto del contenuto del disco pare uno Zot.

Esempio n.1 "The Hollow Lands": un'accozzaglia di follia jazzistica che cambia forma in pochissimo tempo, e si catapulta in una struttura geometrica di chitarre in progressione, dopodichè l'atmosfera si fa onirica, e le voci carezzano le orecchie, ma niente paura, la geometria della progressività (uhm...) torna prepotente. 

Esempio n.2 "Through The Veil": e anche qui il jazz. I singhiozzi del sax presto si tramutano in una linea melodica potente e, potenza chiama potenza, si parte con la palude stoner, si torna agli inizi, martellate desertiche e voci trasognate e drogate, e poi....progressioni che si mischiano alla Trondheim Jazz Orchestra, l'altra grande protagonista del dischettone, e gonfiano all'estremo la melodia, fino al finale sotterraneo. 

Dove l'orchestra regna sovrana io non reggo. 

Esempio n.3 "La Lethe": un'orgia surreale. Che parte con un bell'approccio di jazz da orchestra (ma dai...), un mare calmo e dai colori tenui. E continua esplodendo nella commistione del tocco maligno dell'elettrodronismo di Størlokken, che impianta l'anima dei Supersilent nel pezzo, e accresce le tensioni che creano archi e chitarre, in un crescendo tanto inesorabile quanto sulfureo.

Esempio n.4 "Mutiny!": dove sento (e magari bestemmio, e magari penserete "'zzo dici?" ma...) il fantasma della Devin Townsend Band (quella voce...quegli acuti..sarà quello) che si fotte chitarre stonerprog. 

Tirando le somme? Non saprei che dirvi. 

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