Premessa che ci tengo a sottolineare:
i Motorpsycho sono stati per me, per quasi 15 anni, la più grande forma di godimento a livello sonoro (battuti soltanto dai gemiti orgasmici della partner...). Sono ancora il loro classico fan, quello che ha in casa una trentina di LP e EP originali, una decina di tagliandi strappati prima di entrare ai concerti, delle foto scattate a Trondheim sperando di immortalare un Bent o uno Snah della situazione in stile "Madonna di Medjugorie" e che va ancora a vederli dal vivo (per tradizione) anche se le proposte della band da un po' di tempo non sono le stesse che provocavano tachicardia per l'emozione.
Detto ciò, solo qualche giorno fa vengo allertato dall'amicona motorpsychoultrafan (il mio clone, ma donna) dell'uscita imminente dell'ennesima fatica della band norvegese. Apprendo la notizia con pacatezza, quasi diffidenza, felice si che siano ancora vivi e che producano, ma al tempo stesso già preparato a riformulare gli stessi concetti espressi tra me e me dopo gli ascolti dei vari "Phanerothyme", "It's A Love Cult" e "Black Hole/Blank Canvas" (dischi diversi tra loro ma sempre lontani come intenti dai vecchi capolavori, soprattutto i primi due citati, e con la solita propensione iper seventy a soffocare in parte la loro forse appassita creatività).
Inutile riaprire certi dibattiti, già visti anche sulle frequenze debaseriane, sul fatto che "Black Hole/Blank Canvas" li avesse riportati agli antichi fasti. Per me non è mai stato così. Solo un nostalgico con paraocchi poteva sostenerlo, ma che il disco fosse un prodotto apprezzabile ci stava.
Ma parliamo dell'ultimo lavoro, "Little Lucid Moments", title track che apre le danze di questo mastodontico EP composto da quattro suite, un paio di queste interminabili (alla vecchia maniera per intendersi). Pronti, via: il pezzo (lungo 20 minuti o poco più) parte senza fronzoli, o meglio dire, fa vibrare casse, scrivania... e vicinato. Alla batteria troviamo il piccolo fenomeno (nemmeno trentenne a quanto pare) Kenneth Kapstad, elemento di indubbio spessore tecnico che imprime all'intero lavoro un tiro stratosferico, tiro che solo poche band riescono ad imprimere con così tanto calore e con la loro ormai classica sferzata di energia di matrice hard rock, da sempre il genere più caro ai tre ragazzi di Trondheim.
"Little Lucid Moments" parte quindi sotto buoni auspici, quasi a voler dire al sottoscritto "tranquillo, sappiamo cosa ti piace". Ma il problema di questi ultimi Motorpsycho è l'ormai scontato "cadere" su sonorità mega hard con space reef cuciti sopra altri reef che faranno si impazzire gli amanti degli ultrasuoni anni '70 (e ci sono anche io tra questi), ma che al tempo stesso lasciano perplessi quelli come me che hanno divorato dischi come "Timothy's Monster" o "Blissard", capolavori esondanti di personalità, dolcezza, acidità, psichedelia e "malincogioia".
I quattro pezzi titanici del disco in questione sono un sunto del loro modo di intendere e fare musica dal 2000 circa in poi, ovvero con approccio più "ludico", forse meno ispirato, sicuramente più tecnico e citazionista. In questo "L.L.M." arrivano ad accarezzare il prog in alcune delle sue interminabili fasi e m'illudono di essersi riavvicinati ai vecchi mood con l'inizio del secondo, "Year Zero", quello che a mio avviso è il pezzo più riuscito dei quattro. Nei suoi meandri respiro boccate di aria buona, quelle che respiravo attaccandomi alle bombole "Angels And Daemon At Play" e "Trust", e il suo sporco lavoro il pezzo lo fa per più della metà della sua durata (circa 11 minuti).
"She Left on the Sun Ship" e "The Alchemyst" mi riportano coi piedi per terra, senza omaggiarmi ulteriormente con piccoli excursus nel loro passato, ahimè Passato.
In conclusione, li andrò a vedere dal vivo ...come sempre, come il tifoso che si incammina verso lo stadio anche se il suo squadrone del cuore è impantanato a metà classifica. Andrò a vedere Bent e Snah che con passione e sorprendente devozione alla causa rock calpestano l'ennesimo palco come se fosse la prima volta (...facciamo la centesima).
Ma smettiamola con sta storia che "sono tornati".
"Demon Box" , "Timothy's Monster", "Blissard", "Angels And Daemon At Play", "Trust" ...sono il passato, ed è giusto che sia così anche se spiace constatare ancora una volta che non è più possibile aspettarsi qualcosa che si avvicini allo spessore delle quattro meraviglie citate.
V-S
ps: Spero che i fan come me capiscano il mio punto di vista critico, ma che alla fine è solo il rimpianto dell'innanorato che anche dopo anni si ricorda di quanto era potente quell'amore.
Elenco tracce e video
01 Little Lucid Moments: Lawned (Consciousness Causes Collapse) / A Hoof to the Head / Hallucifuge (Hyperrealistically Speaking…) / Sweet Oblivion/Perfect Sense (21:05)
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Altre recensioni
Di alessioIRIDE
Signori e signore, è con sommo piacere e divertimento che vi annuncio che i Motorpsycho sono vivi, stanno bene e hanno partorito uno splendido disco.
Quattro canzoni che sfondano il tetto dei 50 minuti, che si intrecciano, si combinano, si tamponano per poi tornare al loro posto.