Motorpsycho. Si sono scelti questo nome dopo aver visto il film omonimo di Russ Meyer, ma alla fine si rivelerà una scelta azzeccatissima per il loro stile, fatto di suoni duri, prepotenti (Motor), fusi con momenti più visionari e sognanti (Psycho).

Siamo al loro secondo appuntamento con un doppio album e scopriamo subito la sorprendente evoluzione della band in tracce dove l'aggressività di "Demon Box" lascia almeno parzialmente il posto alla malinconia, a una voce più melodica che urlata, la produzione resa ancora vagamente lo-fi, ma in fondo questo non è un problema. In questo disco infatti, c'è tutto ciò che è possibile chiedere da un gruppo rock: psicadelica, progressive, melodia, aggressività, intuizioni interessantissime e geniali. Anzi secondo me è addirittura il loro migliore lavoro in assoluto, superato forse, e sottolineo forse, solo da "Trust Us"

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Passando alle varie tracce, la prima è la delicata "Feel", in cui la voce sussurrata viene sostenuta solo dalla acustica e dai violini, comunque il disco vero e proprio inizia con "Trapdoor", in cui si vede subito un largo uso di strumenti che fino ad allora sembravano ignorare: il piano e le tastiere. Chiaro è anche un uso maggiore di assoli dei vari strumenti e di un basso che sembra a tratti una chitarra. Il disco prosegue sulla stessa riga con "Leave It Like That", e con la bellissima "A Shrug & Fistful" (spero si scriva così) fatta da momenti di calma interrotti da potenti sferzate di chitarra, batteria e basso, e un ritmo che ti fa quasi ballare.

Comunque il meglio del primo cd arriva ora: "Kill Some Day" è un perfetto esempio di hard rock fuso con la psicadelica, e dotato di un finale sorprendente. Poi arrivano due canzoni orecchiabili come "On My Pillow", e "Beautiful Sister", che sembrano un po' stonare con il resto ma sono anche queste stupende. "Wearing Yr Smell" ci fa ricadere nelle atmosfere più aggressive del disco, e fa da contraltare a "Now It's Time To Skate", bellissima ballata sorretta da celestiali note di piano senza farci mancare il solito finale hard rock.

Le due canzoni finali sono le più sperimentali: "Giftland", lunga 10 minuti circa è di una cupezza quasi deprimente, ma al tempo stesso è un viaggio mentale in una terra sconosciuta e insidiosa, mentre "Watersound" ha un'inizio alla "It's Time To Skate" per poi concludere con chitarre altisonanti giusto per finire in bellezza.

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Preparandoci ad affrontare il secondo cd sperando di trovare le stesse emozioni del primo ci accorgiamo che sono solo 4 le canzoni di cui è composto. Se la prima parte era ottima, questo quartetto è qualcosa di più: è eccezionale!

La prima song in ordine è "The Wheel", sorretta da pochi accordi e con varie improvvisazioni musicali e parti cantate nel mezzo, tanto basta per farci fare uno stupendo viaggio dimensionale (dal vivo è qualcosa di indescrivibile) che termina a 17 minuti per farci riprendere fiato con la ballata "Sungravy", in cui si vede anche una certa abilità nei testi del gruppo. "Grindstone" ci riporta ai tempi di "Demon Box", per far contenti i vecchi fan, comunque io non la amo molto, troppo urlata e poco digeribile ma i nostri amici norvegesi si fanno perdonare, eccome, con "The Golden Core", una di quelle poche canzoni che veramente mi colpiscono l'anima, da ascoltare nel tramonto, persi nei propri pensieri, lasciandosi cullare dalle dolci note iniziali e farsi travolgere dal climax finale, con tanto di cori epici.

Tutto finisce anche se vorremmo che questo disco durasse in eterno, e a questo punto se il terzetto avessero già detto tutto avrebbero comunque dato alla storia un capolavoro tanto sconosciuto quanto incredibile. Fortunatamente non è così, si evolveranno ancora, a partire dal prossimo "Blissard".

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