Sarebbe pura utopia riuscire ad assaporare ogni cosa con l’innocenza di uno sguardo vergine, curioso, assetato di conoscenza e quindi pronto ad incamerare preziosamente tutto. Non lo scopro certo io che la nostra specie è costruita per molti versi in modo stronzo. Ben presto, infatti, impariamo a vivere di confronti; istintivamente tra cervelletto e fronte, nella nostra mente sapiente sapiente, stiliamo una perpetua classifica in movimento che non ci fa mai godere a pieno le azioni del quotidiano. Se ha il merito, da un lato, di spronarci, il bastardo e sadico risvolto negativo è che ci rimanda costantemente al glorioso e melanconico passato e ci spintona verso uno speranzosamente ingannevole futuro. Il risultato? Appannare il presente. Converrete con me che le ferie più belle saranno senza dubbio quelle del prossimo anno: sempre. Ma da un punto fortunatamente si deve pur partire. Senza paragoni. Ed è per questo che l’incipit rimane sovente impresso a fuoco nelle nostre contorte e machiavelliche menti. Il primo amore, il primo giorno di scuola, il primo…

Posso dire che fino a quel giorno non avevo mai visto un film. Uno vero intendo: per 16 anni solo stronzate inutili! Da quella sera i fratellini/registi più famosi del cinema contemporaneo hanno cominciato a farmi patire una costante fame di pellicole: non mi sono più fermato. Perdonerete il mio ultradoppione, ma ho voglia di descrivere “The Big Lebowski” perché ci sono particolarmente legato.

Un prezioso finto noir per un giallo che giallo non è.

La regia dei Coen è sapiente fin dall’inizio con quel cespuglio (la storia) che vaga e vaga trasportato dal vento: in balia totale, giù per le strade deserte fino ad incontrare la morte sulla battigia dell’oceano pacifico. Fine. Ethan e Joel si esaltano in questo lavoro nei break psichedelici frutto di un amplesso tra musica e rallenty che si contorcono e scindono per riuscire a descrivere in grottesche sequenze il regno del folcloristico protagonista: il bowling. Non lo sport in quanto tale ma l’oasi che il Drugo, un pacifista nullafacente, si è costruito per tirare avanti in una società nei confronti della quale ha poco/nulla cui spartire. Mentre compila un assegno da 0,90 cent per il latte del suo white russian serale butta un’occhiata disgustata alla TV dove Bush dichiara guerra all’Iraq di Saddam. Meglio bere. Innumerevoli sono le fotografie riuscite di personaggi a sé stanti alla bizzarra storia, ma essenziali per il godimento della pellicola, come il pederasta Jesus (Turturro), il cowboy narrante, il maggiordomo lecchino (Hoffmann), l'artista gotica Maude (J. Moore) che relegare a meri contorni sarebbe un sacrilegio.

Il Drugo è uno che prende la vita come viene, che non ha fretta e tantomeno ambizioni. Qualche vizio al massimo: fumarsi una canna, sentire un bel brano dei Creedence, bere un paio di White Russian ed avere una palla da bowling da tirare. Il suo amico, reduce del Vietnam, vive del passato rivangandolo forzatamente in ogni occasione che gli si para davanti. Il bowling è la loro vita e con il fragile ed emarginato amico Donnie (Buschemi) formano un inusuale e malinconico trio di reietti. Vi fa ridere? La situazione, intendo? A me non tanto; intristisce perché, sebbene siano personaggi assolutamente esagerati e simbolici, trova un riscontro nel reale. Coloro i quali non riescono (o vogliono) ad adattarsi in una società li commisero: forse sbaglio, ma penso che abbiano in fin dei conti avuto la sfiga di toppare decennio.

Raramente ho sentito una sala sputacchiare ilare saliva in maniera così continua e sentita. Non quei fastidiosi conati di falso accenno di riso, bensì un festante valzer di muscoli facciali e mascelle indolenzite equamente distribuite tra primo e secondo tempo. Una goleada contro la noia della domenica sera. Sono le rasoiate di humor fine, acuto, talvolta volgare, quasi sempre nero, ad essere le protagoniste assolute del film assieme ai personaggi costruiti ed impersonati da un cast sopra le righe.

E’ una storia lineare e chiara che potrebbe quindi trovare facilmente riscontro nel quotidiano dei vostri sogni più assurdi. Ci sono infatti un sacco di input ed output, stronzi che vengono a galla con i quali il Drugo deve lottare caparbiamente tra un acido, una canna ed un drink. Il nostro detective panzuto si scervella per avere la meglio di un puzzle fatto di rapimenti, mignoli amputati, bassisti sopravvalutati nichilisti, mutande sporche gettate da un auto in corsa, finti paraplegici, produttori di film porno, bambini che rubano un milione di dollari e l’agonia di una macchina verde con preziose macchie color ruggine che, non si sa per quale motivo, vuole continuare a vivere. Il Drugo, da eroe qual’è, dipana la matassa e chiude il cerchio riprendendo da dove era partito: una pista da bowling e la semifinale del torneo.

Una sala piena di gente quasi rotola dalla sedia mentre una scena immortala il momento solenne in cui vengono sparse le ceneri di Donnie. Se accade questo forse un paio di conclusioni le si possono trarre. Che sei al cospetto di due grandi attori e che tu, regista, sei riuscito a fare un gran bel film. Perché far ridere davvero non è una cosa così facile, nemmeno se hai Goodman e Bridges forse al loro top.

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