Direttamente da Saragozza, Spagna, ecco i My Expansive Awareness di José Briceno (voce e chitarra), Lucia Escudero (voce e percussioni), Juan Gracia (batteria), Diego Lis (synth e Farfisa) e Jota Garcia (basso).

'Going Nowhere' è il loro ultimo LP ed è stato registrato tra giugno e luglio del 2016 al Laboratorio Audiovisual di Saragozza da Carlos Estella e Jose Manuel Huerta.

Pubblicato su Analog Love Records lo scorso 13 febbraio, 'Going Nowhere' è una buona proposta di musica neo-psichedelica la cui pecca più che mancare di originalità, qualche volta succede, sta forse nella qualità delle registrazioni che non è sempre eccelsa e in alcune fasi compositive secondo me troppo slegate tra di loro e che più che fare pensare alla neo-psichedelia, rimandano invece a determinati episodi della musica wave anni ottanta che secondo me hanno avuto storicamente senso solo in quel determinato periodo.

La fortuna è che alla fine ogni volta che il sound della band sta per deragliare, questi ragazzi riescono in qualche modo sempre e comunque a rimettersi in rotta e alla fine ad arrivare in una maniera più che convincente alla meta finale.

Il disco si apre con 'Going Nowhere', la title-track, che mostra subito quelle che poi sono le caratteristiche più tipiche della band: l'imperioso suono del basso; l'uso di synth e organi vintage; le due voci (maschile e femminile) riverberate e che qua e là si sovrappongono aumentando quell'effetto di vacuo che è tanto caratteristico quando talvolta poco convincente; convincenti riff di chitarra nello stile dei Warlocks; una strizzatina d'occhio alla psichedelia pop e 'catchy' dei Dandy Warhols e di una certa tradizione californiana.

Canzoni come 'Life', la surf-psichedelia di 'Talking', la nichilista 'We All Die' e la conclusiva 'My Expansive Awareness' caratterizzate da certe tonalità di marca Blue Angel Lounge e certi arrangiamenti degni dei primi Brian Jonestown Massacre, la bellissima traccia strumentalre 'Bamboo Jr.' (ancora Warlocks) sono tutte canzoni che secondo me sono degne di un buon album di musica neo-psichedelica.

Ma ci sono nel mezzo alcuni passi falsi che riesce difficile da inquadrare nell'ottica del quadro più complessivo dell'intera opera.

'Heaven' per esempio, dove si salva solo la dominante linea di basso al cospetto di sonorità del tutto evanescenti. 'The Wheel' con un certo uso di chitarre molto anni ottanta e riferimenti a un certo revival della musica wave tipo Franz Ferdinand, solo di chitarra simil-Noel Gallagher. 'Never Got What You Wanted' che tenta di adoperare il suono del farfisa in una maniera classica della psichedelia anni sessanta, rievocando atmosfere orientalieggianti, ma che invece si perde in un grande vuoto, sembrando un episodio di wave sperimentale garage anni ottanta.

Tutto questo fa sì che dare un giudizio positivo tout-court a quest'opera divenga praticamente impossibile.

Siamo davanti a una buona band, che forse non avrà mai spunti decisivi che la faranno spiccare il volo, ma che secondo me se restasse maggiormente con i piedi per terra, avrebbe la chance di fare dischi di gran lunga migliori e più convincenti di questo.

Alcune soluzioni peraltro, come l'utilizzo costante della doppia voce maschile e femminile riverberata, secondo me sono interessanti e meriterebbero di essere sfruttate in un contesto dove ci si possa attaccare a maggiori certezze. Mentre qui a volte viene a mancare ogni sostegno e anche queste cose positive finiscono con il cascare giù dentro un baratro dove non batte il sole.

Menzione speciale per la copertina: bellissima, riprende un certo stile Karel Thole mescolato a evidenti influenze Dalì. Ma come potrebbe essere altrimenti. Del resto siamo in Spagna ed è vero che Salvador Dalì veniva da Figueres in Catalogna, ma la Catalogna alla fine è una regione della Spagna tanto quanto l'Aragona. Oppure no.

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