Concludere il 2012 con uno degli album di punta dell'anno non ha soddisfazione, soprattutto se si tratta di Neil Young, e che il disco, anzi, il doppio disco, mi è stato regalato per compleanno/Natale.

"Psychedelic Pill", così come il precedente "Americana", segna il ritorno della collaborazione tra Neil e la banda del Cavallo Pazzo, cosa che non si vedeva dal 2003, con Greendale. Se Americana, pubblicato nel giugno dello stesso anno, aveva fatto storcere il naso a molti (per non dire incazzare) per una non-geniale reinterpretazione di alcuni classici del folklore americano, quest'album di inediti è un po' come un segno di perdono per tutti i fan e i sostenitori delusi. Anche se il sottoscritto ha parzialmente apprezzato la proposta di Americana, questo "Psychedelic Pill" è subito schizzato in cima tra le mie maggiori preferenze di quest'anno. Non solo per la bellezza del disco in sé, ma anche per il (complicato) fatto che, all'interno della mia testa, si è scatenata una vera e propria guerra. Una guerra nel riuscire a catalogare al meglio i migliori lavori di Neil Young e dei Crazy Horse insieme. Prima "Everybody Knows..." o "Rust Never Sleeps"? Prima "Zuma" o "Ragged Glory"? "Sleeps With Angels" o questo "Psychedelic Pill"? Questo o quello? Quest'altro o quell'altro? Qu.... BOOM!!!

Dopo avervi mostrato quante inutili seghe mentali mi trovo costretto ad affrontare quasi ogni volta, preferisco concentrarmi sull'opera in questione.

Tutti voi avrete sicuramente (o almeno) una vaga idea di come al nostro caro Nello piace pigiare parecchio sul distorsore, quando gli capita una chitarra sulle mani. Ne sono prova tutti suoi live, e anche il quasi recente Le Noise. Ecco, questo ritorno di Neil più elettrico che mai, insieme al ripescaggio delle primissime sonorità dei suoi esordi discografici, farà morire di crepacuore tutti coloro che non si sono ancora degnati di un ascolto di questo suddetto album. Un risultato frutto di numerose jam session all'interno della sala di registrazione, tant'è che questo risulta essere tra i dischi più longevoli di tutta la sua carriera. Sì capisce subito con la prima traccia "Driftin' Back", che occupa più della metà del primo cd (27  minuti). È anche da intendere come una sorta di "sfida" per l'ascoltatore, per mettere alla prova la propria pazienza e attenzione. Ma se quello che volevate era di far sballare il vostro cervello, allora è un mio consiglio buttarvi direttamente sulla title track, uno dei brani di maggior rilevanza in tutta la tracklist che saprà svolgere il suo dovere alla perfezione. Non prendetevi la briga di assumere qualcosa in più per avere effetti certi, la sola canzone basterà ed avanzerà. Mentre se  eravate rimasti assuefatti dalla proposta di "Driftin' Back", allora vi converrà mettervi molto comodi, perché a soddisfare le vostre richieste sarà "Ramada Inn", altro risultato di una lunga jam. E questa, se sarete d'accordo, rappresenta uno dei due picchi più alti di tutto il disco. Il secondo verrà soltanto dopo una fila di canzoni "normali", per così dire. Le più interessanti sono certamente "Born in Ontario", dove, come già preannuncia il titolo, il grande Neil elogia quello che è il suo luogo d'origine, la sua terra natia, e "She's Always Dancing", che continua la storia dell'instancabile ballerina, già parzialmente citata durante l'infinita jam di "Driftin' Back". Ed è qui che arriviamo a "Walk Like A Giant", in assoluto una delle canzoni più belle e meglio riuscite dal lontano 1995 (ovvero, dopo "Mirrorball") e insieme a Crazy Horse. Una canzone che oltre a racchiudere tutta l'essenza dell'album (come ho detto prima, anche insieme a "Ramada Inn" e a "Psychedelic Pill") rappresenta una sintesi perfetta del fallimento odierno di noi giovani, incapaci di poter cambiare le cose e salvare il nostro futuro, se non smettendo mai di credere nei nostri ideali. A chiudere tutta la "pillola", una seconda versione della titletrack, con un sound molto più hard rock dell'originale.

Insomma, una vera e autentica sorpresa molti di noi. È a dir poco straordinario come ancora grandi artisti dell'età di Young (ormai parliamo di quasi ben 70 anni suonati) riescano a produrre perle di così rara bellezza, tenendo conto dei vari passi falsi intrapresi durante la carriera, anche di recente. Ormai sembra che Neil stia vivendo una seconda giovinezza, più determinato e cazzuto che mai. E speriamo che d'ora in poi, se mai avesse voglia di fare qualcos'altro di nuovo, sia tutto agli stessi livelli di "Psychedelic Pill". Non ci interessano novità o altre sperimentazioni, ci basta così. A noi va benissimo.

VOTO = 90 / 100

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