Dopo aver concluso l'infausto e tormentato sodalizio discografico con David Geffen, Neil Young torna nel 1988 con la sua storica etichetta, la Reprise. Chi pensa che le bizzarrie stilistiche di Cavallo pazzo siano terminate è ancora una volta spiazzato: "This note's for you" infatti accentua la schizofrenia musicale di un autore perso dentro gli strascichi di un'eta dell'oro finita irrimediabilmente e sempre più preso dalle note vicissitudini familiari. Il risultato si rivela decisamente superiore alle attese: non sufficiente a far gridare alla completa rinascita (che arriverà l'anno dopo, con l'acclamato "Freedom"), ma in grado di presentare una vena più lucida e ispirata benché continuasse ostinatamente a cimentarsi in territori musicali sghembi e bizzarri. Alcuni pezzi ripendono la vena sardonica e beffarda di "Everybody's rocking" (titoli icastici come "Ten men working", "Hey Hey" e "Married man" sono emblematici, al pari di versi quali "get off of that couch, stop watchin' that MTV") e si ascoltano con piacere e divertimento. Ennesimo disco di rottura in quella decade, "This note's for you" è inoltre registrato con l'ensemble rhythm and blues dei Bluenotes (coi quali Neil ha suonato in un album dei fidi Crazy Horse), e presenta sgargianti e spiritate tinte soul.

Il magnifico sax di Steve Lawrence in particolare puntella alla perfezione il feeling blues delle dieci tracce qui presenti, che si dipanano tra pugnaci impennate appena smorzate dai fiati e ipnotici chiaroscuri capaci di consegnare un Young intenso e riflessivo come non si sentiva da anni.Tra tali impennate svetta certamente la title-track: uno sguaiato mid-tempo rock-blues nel cui testo Neil satireggia il corporate rock targato Coca-Cola e Budweiser tanto in voga negli anni 80, con tanto di video clip (premiato paradossalmente proprio agli MTV awards) che prende amabilmente per il culo Michael Jackson e Whitney Houston. Si spara sulla croce rossa, direte voi. Certamente, ma va detto che l'orso canadese è sempre stato coerente nel rifiutare patrocini, sponsorizzazioni e porcate varie. Non a caso è ancora oggi uno dei pochissimi artisti a non aver concesso l'utilizzo di suoi pezzi per spot e pubblicità (mentre Bob Dylan si è lasciato ahilui sedurre dai morbidi dollaroni provenienti da una nota casa produttrice di biancheria intima). A un livello più profondo si situa invece la corrosiva "Life in the city": una classica cavalcata younghiana, evidente embrione della "Crime in the city" che avrebbe brillato su "Freedom" e nel monumentale live "Weld". Il testo infatti presenta un Neil battagliero e sferzante nel dipingere lo sfacelo sociale del reaganismo: se gli States nel 1988 sono la "nazione che sogna a occhi aperti" (immortale metafora dei suoi amici Sonic Youth), ci pensa il vecchio Neil, forte di un'interpretazione vocale sanguigna e accorata, a mostrare l'America più autentica e dimenticata: non a caso, pochi mesi dopo il vecchio prestigiatore dell'Ontario tirerà fuori dal cappello "Rockin' in the free world".

Ma su "This note's for you" l'ex Buffalo Springfield dimostra di saper ancora forgiare squisite ballate al lume di candela. "Coupe de ville" e "Can't believe you're lying", accarezzate da vellutate malie jazz, ricordano quanto Neil sia stato uno dei più straordinari soul-man bianchi conosciuti. Persino migliore è "Twilight": un brano dominato da una cupa tensione lirica, tra palpiti di jazz e incalzanti assoli che squarciano improvvisi silenzi e ne fanno quasi un anticipo del tardo capolavoro "Sleeps with angels".

Degno suggello a quest'album sorprendente e da riscoprire è il solenne incedere della conclusiva "One thing": perfetta fotografia di una riuscita transizione.

Tre stellette e mezzo.

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