A differenza dell'illustre compatriota Leonard Cohen, che ragionava, scriveva e perfino cantava come un europeo, il canadese Neil Young è stato un cantautore "americano" per eccellenza, capace di assimilare la tradizione dei folksingers, trasformandola in una personalissima forma di rock, senza però abbandonarla mai del tutto.
Così in molti dischi del suo periodo d'oro possono coesistere splendide e tenere ballate acustiche e "rockacci" velenosi, isterici, o profondi e tormentati. Di volta in volta, di album in album, si impone lo stato d'animo del momento, e così non deve sorprendere che "Tonight's The Night", composto nel 1973, si presenti diverso dal celeberrimo "Harvest" (1972) come la notte dal giorno. Siccome questo disco in effetti uscirà nel giugno 1975, è proprio l'ora di celebrarne il trentennale, tanto più che si tratta di un vero capolavoro.

Tutto ciò che rendeva magico il clima di "Harvest" è sparito: la semplice grazia delle ballate country, l'esaltazione dei grandi spazi come luoghi di libertà, il sogno di una possibile vita alternativa, le comuni hippy, e così via. "Tonight's The Night" è l'altra faccia di Neil Young: gelido disincanto, pessimismo quasi assoluto, tremenda stanchezza, tentativo estremo di rifugio nella solitudine.
L'album è dedicato a due amici appena morti per droga: uno è Danny Whitten, dei Crazy Horse, suo storico gruppo. L'altro si chiama Bruce Berry, e il suo nome compare in Tonight's The Night, blues stravolto e ossessivo che apre e chiude (quasi invariato) l'album, in pratica un resoconto della sua morte, arido come un necrologio e freddo come il brivido che percorre la schiena dell'amico quando ne ha notizia.
Di droga e di morte è impregnata anche Tired Eyes, in cui tutto sembra esprimere stanchezza, impotenza: sia il ritmo blando, sia la voce strascicata di Neil Young, che a tratti si limita a parlare. Così come in Borrowed Tune pare di vederlo, in una stanza vuota, giochicchiare con piano e armonica, senza la forza neanche di inventare un motivo proprio, prenderne appunto uno in prestito per ricamarci sopra le sue malinconie. E ascoltando la tetra ma splendida Albuquerque, tutta giocata sui registri bassi della chitarra elettrica, non sembra di trovarsi lì, allo stesso tavolo di Neil Young, a condividere con lui, in un locale qualsiasi, uova al prosciutto e solitudine, alla ricerca di un posto dove finalmente nessuno si interessi di chi siamo?

Ma per quanto i toni oscuri prevalgano, non è che questo disco abbia la cadenza di una marcia funebre: ci sono diversi momenti di energia, anche se in genere appare sotto forma di rabbia. Un esempio è World On A String, con il suo ritmo secco e nervoso scandito da una batteria che sembra aver fretta di concludere il brano, un altro è Come On Baby Let's Go Downtown, il rock più puro di tutto il disco, sostenuto anche da un testo un po' meno riflessivo.
Gli stessi lenti non sono necessariamente tristi: ce ne sono anche di semplicemente dolci come Mellow My Mind, così "innocua" da poter essere ripresa molti anni dopo dai Simply Red, oppure come il delizioso blues Speakin' Out, impreziosito da cima a fondo da uno scintillio di note di pianoforte. Insomma Neil Young, per quanto immerso in riflessioni personali e profonde, per quanto segnato dai casi della vita, non ha certo rinunciato a comporre la musica che sente più sua, al punto che in Roll Another Number rifà capolino perfino il tipico country-rock "stile Harvest", sia pure associato ad un testo che, come quasi tutti quelli del disco, non lascia molto spazio alla speranza.

"Tonight's The Night" è il frutto sofferto di una fase molto difficile della vita di un artista assai sensibile, e proprio questa è la sua grandezza.

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