Una delle cantautrici più misteriose degli ultimi anni, Nina Nastasia, è diventata in breve tempo la pupilla di Steve Albini (sì, "quello" che produceva Rid Of Me di PJ Harvey, Surfer Rosa dei Pixies e In Utero dei Nirvana) e niente poco di meno che la preferita di John Peel (storico dj inglese scomparso da pochi giorni) che, fregandosene di tutti, la presentò come migliore artista del 2003 e la ospitò diverse volte a suonare per le sue sessions su radio BBC.
Quelli che conoscono Albini (vi ricordate gli Shellac o i Big Black?) e che seguivano le trasmissioni di Peel diranno: "E chi è questa? Un'altra Polly?"
Beh cercate su internet qualche informazione, ma non troverete nemmeno la data di nascita e al massimo una decina di foto.
Sappiamo che Nina vive a Los Angeles per diversi anni per poi trasferirsi definitivamente a New York e dedicarsi ad un songwriting molto "cittadino". Dogs esce nel 1999 per la Socialist Records e la tiratura limitatissima lo fa diventare in breve tempo una rarità. La Nastasia verrà ingaggiata nel 2000 dalla Touch And Go (Sonic Youth, tra gli altri) che nel 2004 proporrà una ristampa dell'album, con una nuova copertina.

Dogs, il più "ottimista" dei suoi lavori, annovera musiche tra il folk più classico e qualche sgambettata verso l'indipendenza ma soprattutto dei testi che sfiorano gli epigrammi (bellissima, tra le altre, qui: Go get the dogs out on the hill/He wants to lick the moon/I made a wish upon your head/I only want to sleep and dream/Lazy sky/Your stars look tired/Keep me bright).
Ascoltando più vicino al disco si può capire come sua signoria del rumore Albini si sia lasciato conquistare dalla chitarra acustica di Nina. Il suo lavoro maniacale rende Dogs più di un semplice indie-folk (o qualche etichetta giù di lì): con strumenti vintage e la voce della minuta cantautrice si sfiora il capolavoro già dall'esordio.
Gli arrangiamenti, tutto sommato essenziali, contano molto sugli archi che per il loro uso citano più volte artisti di questi giorni (avete presente il Marco Parente di Eppur Non Basta? - lì però più che violino c'erano due viole - e i Venus? oppure i CSI di Linea Gotica?).

Qualcuno l'avrà già etichettata come una qualsiasi Cat Power meno ubriaca o una ipotetica Suzanne Vega, però Nina se la canta e se la suona: tanto nelle sue canzoncine in do maggiore più personali (Underground, A Dog's Life, Judy's In The Sandbox) ma anche quando sembra più accompagnata dal produttore, tra feedback e odissee di corde un po' raschiate un po' pizzicate (Jimmy's Rose Tatto - degna di nota - e le "piccole" Roadkill e Smiley).
Talvolta ritorna anche qualche schema chitarra/basso/batteria degno di quel vecchio rock che tutti dicono stia morendo (Nobody Knew Her).
Forse troppi quindici brani (sicuramente poteva chiudere con All Your Life), ma visto il modestissimo prezzo della ristampa corrente (non pagatelo più di 11 euro!) è un pezzo che si può avere con facilità nella propria discografia senza troppe riserve, per prezzo e contenuto (soprattutto).
A quando il prossimo?

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