Dieci anni dopo (e più) e qualche ruga facciale in più tornano i No Doubt dell'istrionica e avvenente Gwen Stefani. Un decennio in cui la leadership femminile della band si era gettata a capofitto nella carriera solista, sfornando - con il preziosissimo supporto di una masnada di producers a cinque stelle quali Pharrell Williams, Dr. Dre e Nellee Hooper - un ottimo debutto elettro-retrò-hip hop (Love.Angel.Music.Baby) e relative hits corredate di esilaranti videoclip funk-glam (in primis What You Waiting For e la controversa nonché sboccata-trash Hollaback Girl) seguito da un riciclo-rimpasto di tracce avanzate di minor successo (The Sweet Escape), fra le quali spiccava il buffo yodeling yankee-tirolese di Wind It Up. Nel frattempo Gwen, sempre per i fatti suoi, si concentrava pure sulle passerelle e sul glamour filo-Vogue nutrendo gli atelier di bizzarre creazioni modaiole in parte ispirate al suo indistiguibile look di comica femme fatale affabulatrice.

Serrata (forse) per sempre la parentesi solista, la Stefani è ritornata in pista con i propri compagni di squadra. Dei No Doubt penso sia irrilevante una corposa biografia di sunto: sorto nei primi anni '90 e commercialmente alle stelle con Tragic Kingdom e il tormentone evergreen Don't Speak, l'interessante filone ska-rock del gruppo non ha comunque mantenuto vette elevatissime negli anni a seguire e a parte qualche singolino da classifica qua e là i successivi Return of Saturn e Rock Steady, benché simboleggianti dei discreti passi in avanti, sono stati incapaci di ripetere i fasti dei mid-Nineties. Nel 2003 un best of di ricapitolazione decennale e una cover di buon eco internazionale (It's My Life dei Talk Talk) ha temporaneamente messo la parola fine al progetto No Doubt per consentire, come già sopra ricordato, l'ingresso trionfale di Gwen nell'olimpo delle dive pop.

Undici anni dopo dall'ultimo Rock Steady e quasi sommessi dai milioni incassati dagli album solisti della Stefani, il quartetto ritorna con un gradevole progetto di resurrezione dalle ceneri del semi-scioglimento. Ed è così che l'Araba Fenice dei No Doubt presenta questo Push And Shove, sorta di scappatoia dalla miserrima oltretomba del defunct music-biz, un disco senza eccessive pretese e velleità di sperimentazione sonora e stilistica. Piccolo calderone nel quale tradizione (il classico filone ska-rock con sentori multisapore punk-funky) e modernità (il percorso elettronico-new wave intrapreso dagli episodi solo di Gwen) vengono a convivere in un gustoso brodo di pura e genuina semplicità pop, quasi rara all'epoca dell'ingigantimento dello spettacolare carrozzone mainstream.

In tutta la tracklist si respira a pieni polmoni una calda brezza estiva catartica appositamente trasposta sul pentagramma: Settle Down, primo estratto, è uno spensierato brano ragga-ska, Push And Shove ci inserisce pure una marcia circense funky-elettronica, Looking Hot fa la spola fra punk-rock e new wave, mentre Sparkle si addentra nella romantica mid-tempo caraibica. Ancora, vanno rimarcati il synth-rock dalle palesi rimembranze 80s in Gravity, la nostalgia per la bella stagione in fase calante in One More Summer, l'anthem della disco-spensieratezza Undercover, come altresì l'ulteriore piacevole esperimento ska elettro-robotico per Easy.

"Push And Shove" è un lavoro che supera abbondantemente le aspettative basiche per un come back degno di menzione. Semplice, calibrato, equibrato, stuzzicante ma non cacofonico, malizioso e non trash, potrà sicuramente piacere ai fan irriducibili della band, alle nuove leve curiose e pseudo intraprendenti, ai veraci amanti del pop non artefatto e compiuterizzato, e soprattutto agli irriducibili allupati nei confronti di Gwen Stefani, particolarmente tristi per non poterla più ammirare nelle succinte mise carcerarie di The Sweet Escape o in altre amenità concepite anni or sono.

No Doubt, Push And Shove

Settle Down - Looking Hot - One More Summer - Push And Shove - Easy - Gravity - Undercover - Undone - Sparkle - Heaven - Dreaming The Same Dream.

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