"Lalaiki Pamir" è uno di quei casi in cui la musica si intreccia con la Storia, quella vera: le canzoni di questo disco sono state registrate a Dushanbe tra ll 1989 e il '92, la fase finale del lento collasso dell'URSS. Democrazia? Libertà? Ma neanche per idea, le ex-RSS dell'Asia Centrale, economicamente deboli e prive di un reale e diffuso sentimento indipendentista, si sono trasformate in satrapie corrotte nelle mani di di ex apparatchik collusi con il Cremlino e il sottobosco oligarco-mafioso ad esso collegato; l'unico, vero cambiamento per la gente comune è stato un generale peggioramento delle condizioni di vita. Per il Tajikistan questo cambiamento ha avuto conseguenze ancora più nefaste: estremisti islamici, signori della guerra legati al traffico di eroina, milizie filo-governative e gruppi etnici divisi da antichi rancori hanno dato vita a una sanguinosa guerra civile durata praticamente per tutti gli anni '90, con strascichi e tensioni ancora presenti e irrisolti. All'epoca Oleg Fesov era un musicista emergente e, come tanti suoi connazionali, fu costretto a fuggire dal suo paese, emigrando prima in Russia e quindi in Germania con al seguito la famiglia e, appunto, le sue registrazioni. Il risvolto positivo di questa tragedia è stato la possibilità di farsi conoscere, di far conoscere la musica della sua terra anche in Europa grazie alla Blue Flame Publishing, casa discografica di Stoccarda specializzata in pubblicazioni world music.
Oleg Fesov è originario del Badakhshan, così come Muboraksho e Daler Nazarov, curioso notare come una regione che rappresenta il 45% del territorio del Tajikistan ma solo il 3% della popolazione abbia dato i natali alla quasi totalità dei cantanti più celebri e rappresentativi del paese, e questo discosuona come un auspicio di pace ed unità per la sua gente, significativo notare che metà delle canzoni sono in Tagico e l'altra metà in Shughni, una lingua autoctona del Pamir. Fedele alla tradizione folk tagica, così come quella persiana da cui deriva, "Lalaiki Pamir" presenta sonorità dominate da strumenti acustici a corda; chitarre ma anche sitar, mandolini e strumenti tipici come il rubab e l'oud a cui Oleg Fesov aggiunge, con equilibrio e moderazione, un po' di sintetizzatori e qualche sax. Questo disco è una piccola meraviglia da scoprire a piccoli passi, senza fretta: apparentemente omogeneo, trasmette una sensazione generale di grande tranquillità e rilassatezza, dovuta in parte alla voce sottile di Oleg Fesov, ma nasconde una grande carica vitale e tante diverse sfumature stilistiche. La splendida melodia instant-classic di "Marav", con la sua eleganza, il suo calore e i suoi ritmi incalzanti è l'introduzione perfetta per un album ricco di fascino e di stile, capace di regalare momenti indimenticabili come "Chudat Medoni" con il suo ritmo sinuoso in 3/4 e un'atmosfera fiabesca da mille e una notte o la cadenza melodica quasi reggae di "Messusam", solare e passionale. Non mancano momenti di carattere più riflessivo e spirituale come la languida e suggestiva "Az In Schab Mastum" e "Lalaik", struggente ballata acustica interpretata da Nargis Bandishoeva, bellissima voce femminile prematuramente scomparsa nel 1991 in un incidente stradale, perfettamente bilanciati dalle sonorità più ritmate e passionali di canzoni come "Armonija" e "Amina", la prima fortemente influenzata dalla musica indiana, la seconda caratterizzata da una progressiona armonica quasi epicheggiante.
I sintetizzatori sono utilizzati in modo molto intelligente e mirato, per creare un'atmosfera estatica e meditativa in "Yo Mavlo" oppure tonalità più ombrose e drammatiche in "Muslim"; in un paio di episodi, "Dargil" e soprattutto l'allegra e deliziosa "Masch Kutscha", Oleg Fesov abbandona il suo stile folkish per sperimentare (con ottimi esiti) sonorità pop anni '80 di pregevole fattura con risvolti etnici. Un album veramente bello, sincero e completo questo "Lalaiki Pamir", con alle spalle una genesi turbolenta che non fa che aumentarne il fascino; volendo trovare un neo a tutti i costi si potrebbe dire che non raggiunge i picchi di spleen emotivo del conterraneo Muboraksho ma si tratta semplicemente di una questione di stile e di sensibilità. Fatto sta che questo disco conferma ulteriormente il mio innamoramento per la musica tagica, musica che sa arrivare dritta al cuore in un modo tutto suo.
Elenco e tracce
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