L'uscita di "Heritage" ha letteralmente spaccato i fan degli Opeth in due frange. C'è chi ha apprezzato la scelta di virare verso un progressive rock dannatamente vintage di stampo settantiano e chi invece ha criticato la decisione di abbandonare quella componente death metal che è sempre stata il loro marchio di fabbrica; come qualcuno ha anche notato, al di là della scelta stilistica intrapresa, una mancanza di idee che si traduce in un prodotto decisamente derivativo e con poca personalità. Ma a quanto pare sembrerebbe aver prevalso la prima.
L'uscita del disco è stata seguita dalla partenza del tour ufficiale, che comprende anche una data a Milano, precisamente all'Alcatraz. Dalle prime date effettuate negli USA tutti han potuto notare come le setlist (con brani sia nuovi che vecchi, come sempre) sono totalmente prive di brani contenenti parti cantate in growl. Successivamente lo stesso leader della band Mikael Akerfeldt ha confermato l'intenzione di voler abbandonare l'uso del growl, ormai obsoleto per i suoi gusti, nonché dannoso per le corde vocali a lungo andare.
Sicuramente dai metallari di tutto il mondo la decisione non sarà stata accolta con grande piacere. E se devo dirla tutta sono rimasto sorpreso (e forse non soltanto io) nel sapere che la data milanese (della quale possedevo il biglietto già dai primi di ottobre) è andata sold-out con più di dieci giorni d'anticipo. Evidentemente la band suscita interesse anche in questa nuova veste e direi che è una cosa positiva. E andando al concerto ne ho un'ulteriore conferma: sono molti i metallari presenti e ciò dimostra come effettivamente essi siano persone molto più aperte mentalmente di quanto si possa pensare. Se a loro non fosse interessato seguire un concerto in cui i loro idoli si spogliano della componente cattiva che li ha sempre caratterizzati probabilmente se ne sarebbero rimasti a casa.
Ad aprire il concerto sono i loro connazionali Pain Of Salvation e probabilmente la loro presenza ha fatto crescere l'interesse verso la serata per molti progsters. Tuttavia il pubblico durante la quarantina di minuti riservati a loro mi è sembrato un po' spento; chi apprezzava la band giustamente si lasciava coinvolgere cantando e scatenandosi per quanto possibile, mentre in molti sono sembrati un po' spenti... Probabilmente è gente che non conosceva i PoS e che quindi è venuta soltanto per i loro idoli Opeth; da una ragazza dietro me ed i tre compagni d'avventura ho sentito provenire addirittura un "basta!". I PoS si sono esibiti essenzialmente con brani dagli ultimi due lavori, ovvero le due parti di "Road Salt", più i due classici "Ashes" e "Diffidentia". I più presenti ed espressivi mi sono sembrati come al solito il leader Daniel Gildenlow e il chitarrista Johan Hallgren, sempre molto scatenato. Per lui e per il tastierista Fredrik Hermansson si tratta dell'ultimo tour con i PoS, dato che lasceranno la "band" al termine di esso.
Ma quando entrano sul palco gli Opeth tutto cambia e la serata entra nel vivo. La scenografia "infernale" ispirata all'ultimo album rende l'esibizione più calda di quanto si prospetta. Il pubblico è stavolta abbastanza presente trascinato da un grande Akerfeldt. La scaletta è praticamente nota poiché rimasta invariata in tutte le precedenti date europee e prevede sia brani dal nuovo album "Heritage" sia brani vecchi ma che non prevedono l'uso del growl (qualche fan sperava in un cambio di idea, si veda lo striscione "please growl!" mostrato da alcuni fan delle file davanti). Ma le scelte sono comunque eccelse: il pubblico appare molto caloroso quando vengono eseguite perle come "Face Of Melinda" e "A Fair Judgement".
D'altronde c'è anche da dire che il voler rinunciare a pezzi marcatamente tirati permette ai musicisti sul palco di mettere meglio in mostra le qualità compositive ed esecutive degli stessi; per chi osserva è più sublime vedere lo strumento maneggiato con abilità e precisione che semplicemente maltrattato con le classiche schitarrate (ma gli Opeth non sono mai stati soltanto questo). Ed il cuore di chi assiste ad un concerto poi si emoziona più vedendo un cantante intonare versi melodici che potenti growl.
Ma il momento in cui il pubblico sembrava più preso è stato lo splendido solo di batteria inscenato nella sezione centrale di "Porcelain Heart". In ogni caso a coinvolgere la folla e a portare un po' di simpatia ci ha pensato Mikael Akerfeldt. Da apprezzare i suoi interventi sempre molto spiritosi e a tratti quasi cabarettistici... il suo continuo deridere simpaticamente Eros Ramazzotti merita tutta la mia stima.
Meno appariscente ma comunque importante la prestazione dell'osservato speciale Joakim Svalberg, tastierista che sostituisce il dimissionario Per Wiberg, che ha lasciato dopo aver inciso "Heritage". Nel suo equipaggio spuntava anche un sintetizzatore che quando veniva utilizzato rappresentava l'arma in più; Akerfeldt ne ha voluto sottolineare le abilità concedendogli anche una piccola vetrina nel finale in cui il tastierista si è potuto esibire suonando alcuni stili tipicamente vintage. Vetrina che è stata concessa anche al chitarrista Fredrik Akesson che a tratti ha potuto anche mostrare un approccio hard-rock settantiano vecchio stile. Molti cori a sostegno del bassista Martin Mendez che dei componenti rimasti, Akerfeldt escluso, è il più longevo, essendo alla band dal 1998 circa mentre i restanti sono tutti di arrivo piuttosto recente.
Nel complesso una serata emozionante. Pur con poco metallo e con voce esclusivamente "clean" gli Opeth hanno regalato ai propri fan una serata tutto sommato da ricordare per le emozioni vissute. Certo, essendo la prima volta che andavo a vedere gli Opeth come headliners (li avevo visti già al Progressive Nation 2 anni fa ma lì erano supporters ai Dream Theater) avrei preferito assistere ad un concerto sul loro vecchio stile ma è stato bello anche sentire gli Opeth in questa veste e sono contento di aver visto che anche molti metallari siano contenti di seguire la band in questa nuova era.
Ora la mia mente è direttamente catapultata al 21 febbraio quando ad Assago arriveranno i mitici Dream Theater ma per il momento mi sono goduto questa bella serata.
Carico i commenti... con calma
Altre recensioni
Di IAmRapture
Non fatevi intimorire dagli insoddisfatti: la scelta di fare un concerto senza growl non toglie spessore a questi svedesi.
L’esperienza di aver visto uno spettacolo di tale portata è qualcosa che sicuramente ripeterò anche l’anno prossimo!
Di JohnHolmes
Mikael Åkerfeldt, ovvero il Frank Sinatra del death metal o, se preferite, i baffi più famosi di Stoccolma.
Un bel concerto, niente da dire, non indimenticabile, ma comunque notevole.