Premetto che sto attraversando un periodo di opethite acuta (a proposito, il 14 dicembre a Firenze ci sarò anch’io!! ). Conquistato dalle ultime prove del gruppo svedese e da diverse buone recensioni, venerdì scorso ho pensato di dar fondo al portafogli comprando i primi tre CD. Ecco il giudizio estetico, con la storia delle sue oscillazioni, su "Morningrise", che secondo molti rappresenta il vertice compositivo della Band.

Allora, ad un primissimo ascolto l’iniziale "Advent" mi ha subito conquistato: grande lavoro di De Farfalla al Basso, struttura complessa che passa da momenti durissimi ad altri acustici ma inquietanti. L’arpeggio finale, però, è quasi un plagio dell’Outro di "Dancing with the Moonlight Knight". Confrontare per credere. I due brani successivi mi hanno fatto una buona impressione, finché non sono arrivato al punctum dolens, la tanto rinomata “Black Rose Immortal”. Mi aspettavo chissà quale capolavoro da questo brano di 20 minuti, per cui la delusione è stata scottante. Le sezioni della suite sono piuttosto slegate tra di loro e non ho ritrovato quella genialità e varietà di temi spesso ricordata. Il risultato del secondo ascolto è stato anche peggiore, il Growl di Akerfeldt mi è sembrato piuttosto “catarroso” e sforzato, non così profondo, ostile e naturale quale si sente negli ultimi album.

C’è stato un momento in cui ho perfino rimpianto i 20 euro ed ho pensato che più di tre stelle non potevo dargli. Per fortuna i successivi ascolti hanno in parte mitigato un tale giudizio negativo. Soprattutto mi sono piaciute sempre di più “The Night and the Silent Water”, indubbiamente la più progressive e genesisiana del lotto e l’aggressiva ma dinamica "Nektar". Quindi, mi è apparsa migliore anche la suite, mentre permangono dubbi circa “To Bid You Farewell” che mi suona monotona e penalizzata da una batteria troppo statica e geometrica, quasi una drum machine, che non giova al tipo di atmosfera che si voleva creare.

Avevano ragione quelli che parlavano di una produzione largamente approssimativa, che sarà focalizzata e migliorata notevolmente già nello splendido, venturo “My Arms Your Hearse”, ma questa è un’altra storia e, credo, un'altra recensione.

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