Guardate, non so proprio come iniziarla questa recensione! Insomma, perchè devo farlo? Io non sono davvero degno di valutare un album dalla bellezza così sublime, anche se sapevo già in partenza che, prima o poi, il secondo, bellissimo, album degli Opeth sarebbe dovuto passare tra le mie modeste righe.
Sappiamo già come sia impossibile trovare qualcuno che critica il gruppo svedese: "Morningrise" dà la dimostrazione tangibile di questa impossibilità, un disco pressoché perfetto che, in tutta la sua ricercata bellezza e complessità si presenta come uno dei migliori album della band, uno di quelli che non si può non riascoltare centinaia di volte dopo che si è avuto il primo assaggio.
Personalmente sono molto legato a quest'album perchè è quello con cui mi sono avvicinato agli Opeth per la prima volta: un'esperienza che consiglio a tutti di provare. Una complessità, una fantasia ed una varietà di forme stilistiche ed emozionali a dir poco stupefacenti è la caratteristica che più di ogni altra rende grande questo gruppo e questo, in "Morningrise", appare fin troppo evidente: non c'è nemmeno una canzone che sia inferiore ai 10 minuti! Eppure ti verrebbe voglia ogni secondo di rischiacciare il tasto play. Con "Advent" entra subito in chiaro la vena più progressiva degli Opeth: l'atmosfera è evocativa ed emozionale, mentre entra a far luce quel sapore un pò oscuro che accompagnerà poi tutte le altre canzoni, con un sottile richiamo a "Orchid". Delicati arpeggi chiudono questo pezzo di una bellezza difficilmente descrivibile.
La successiva "The Night And The Silent Water", poi, è qualcosa di semplicemente strabiliante, decisamente fuori dal comune, nessun altro avrebbe potuto scriverla. Gli assoli distorti, le magnifiche ed avvolgenti aperture melodiche, gli stacchi acustici di un'intensità emozionale inconcepibile, le intense accelerazioni... due chitarre che si intrecciano l'un l'altra con un'armonia sbalorditiva, passaggi naturali dal growl al pulito, da suoni freddi ed aggressivi ad altri caldi, delicati ed avvolgenti... non mi stancherò mai e poi mai di ascoltarla; probabilmente sarebbe bastato comporre questa canzone, per Mikael Akerfeldt, per elevarsi a titolo di genio assoluto, scrivendo alcuni dei riff più spettacolari che abbia mai ascoltato in vita mia... Una delle canzoni simbolo degli Opeth, a mio parere.
Anche "Nectar" è semplicemente splendida: il gruppo si incattivisce proponendo una carica ed un'intensità affascinante, con un'incantevole sensibilità drammatica di fondo...
Spero solo di non aver concluso le parole per parlare dell'immensa "Black Rose Immortal"... La "canzone" per eccellenza: oltre 20 minuti uno più bello dell'altro. Gli Opeth racchiudono un'incommensurabile complessità in una compattezza talmente naturale da lasciare a dir poco a bocca aperta. Emozioni che si susseguono una dopo l'altra, ogni singola parte della canzone è viva di per sé e colpisce dritto al cuore: 20 minuti composti con una fantasia che definire miracolistica è usare un eufemismo, melodie diverse che si concatenano squisitamente l'un l'altra e fanno piangere il cuore per quanto sono belle! Dopo aver ascoltato una canzone del genere viene spontaneo chiedersi se sia legittimo definire Mikael Akerfeldt il migliore compositore del mondo... Sinceramente non credo che qualcun altro sarebbe riuscito a scrivere "Black Rose Immortal". Una canzone divina, inumana, non vorrei esagerare ma qui sembra di stare a contatto con una musica sovrannaturale! Ma la maggiore profondità la troviamo nella semi acustica "To Bid You Farewell"... voce pulita, arpeggi acustici e note intimistiche che risvegliano in noi le sensazioni più nascoste.
Geniali, incredibili, inconcepibili, sbalorditivi, divini.

Se non amate quest'album non potete dire di amare la musica.

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