Prima di affrontare qualsivoglia considerazione attinente l'importanza di un lavoro come quello di cui mi onoro di vaneggiare mi sia concesso di affermare che "Made In Dakar" in primo e determinante luogo risulta essere un lavoro tanto fine quanto spettacolare di intense, tipiche e ammalianti vocalità africane centro-occidentali: la impeccabile apertura affidata alla frizzante e melodiosa "Pape Ndiaye", seguita dalla più pacata e subliminalmente evocativa "Nijaay", in questo senso risulta quantomeno esplicativa à riguardo.

Il nucleo propulsivo dell'Orchestra Baobab risale le proprie origini all'inizio degli anni 70, nella storicamente martoriata regione Senegalese di Casamance, includendo altresì al proprio interno musicisti ed elementi di regioni geografiche attigue (Congo, Mali, Nigeria e Togo) calati magnificamente in un contesto espressivo tendente nel far flirtare in maniera amabilmente equilibrata le tipiche sonorità Cubane (Salsa, Pachanga and so on), attraverso l'avallo degli abituali arnesi atti allo scopo, e canoni stilistici Afro-folkloristici in virtù del affascinante utilizzo di strumentazioni tipicamente tradizionali appartenenti alle proprie Terre d'origine.

Al conchiudersi dello scorso annualità l'Orchestra Baobab suggella, tramite questo lavoro, il proprio significativo e stabile rientro sulla scena internazionale: dopo aver registrato e pubblicato circa una ventina di lavori a cavallo tra settanta e ottanta l'esperienza "Baobab" ebbe infatti il proprio epilogo nella seconda metà degli anni ottanta; solamente nei primi anni del nuovo millennio, grazie all'avallo della lungimirante World Circuit, a quasi due decadi dall'inizio del lungo periodo di inattività, consolidano la propria (speriamo definitiva) rentrée pubblicando questo davvero pregevolmente speziato condensato di piacevoli e educate, quasi fin troppo compitamente sommesse per gli astrusi musico-tempi chè ci attanagliano, sonorità; un lavoro notevole e ricolmo di suggestioni: si passa in tutta leggiadria dai fragranti aromi simil-calypso di "Aline" alle allegre poliritme jazz-tribaloidi regalate in "Ndeleng" ai Cubalibrismi D.O.C., di cui probabilmente anche il Buon Compay Segundo sarebbe andato orgoglioso, strimpellati in "Cabral".

Dal prossimo maggio lo pseudo-caraibico ensemble porterà in tourné per tutta Europa la propria vivace e al contempo triste alegria per una congrua serie di concerti: v'è malheureusement da notare chè l'Italia [viceversa sono una decina le date calendarizzate solo tra contigue France e Espana], tranne improbabili ripensamenti dell'ultim'ora, non verrà minimamente sfiorata dalla loro (gradita) presenza: ennesima disdicevole testimonianza della cecità (anzi sordità) di coloro i quali dovrebbero, anche solo semplicemente annusando il circostante, svolgere adeguatamente il proprio lavoro.

Ma (concordo con Voi) non se puede aver todo dalla gràma vitae.

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