Solo Dio sa cosa passò per la testa a Hutter e Schneider quando decisero di incidere "Tone Float". Forse neanche il sig. Conny Plank, produttore del tutto come al solito, ne era a conoscenza. Non erano ancora i Kraftwerk, non lasciatevi ingannare dalle ristampe furbe, erano Organisation loro. Una cinquina che, oltre a loro, comprendeva Butch Hauf (bassista) e Basil Hammoudi e Fred Monicks (percussionisti). Per tanto tempo, troppo, questo disco è stato latitante dal palcoscenico Kraut, emarginato, come disconosciuto, offuscato dai successivi "Autobahn", "The Man Machine" ecc ecc.

Quella è elettronica, grande musica davvero per carità, ma questo è Kraut, quello vero, quello più estremo e sperimentale, con la kappa maiuscola.

Lo dimostrano alla grande i venti minuti abbondanti della Title-Track che apre il tutto con percussioni aborigene incredibilmente primitive e avvolgenti. Poi verso la metà del brano il tutto si ferma, rallenta e compare un sintetizzatore, quando ancora era un lusso per pochi, per poi proseguire, cambiando tono, come se fosse cosa naturale, come se non fosse stato un Agosto di un lontano 1970. Venti minuti e più di sperimentazione pura, con un passato nella musica nera, un presente nello sperimentalismo tanto in voga in quella Germania, e un futuro ancora da definire. Poi si passa a "Milk Rock", molto più breve ma altrettanto stupefacente: sembra che Brian Eno & David Byrne, e i suoi Talking Heads di Remani In Light, siano stati catapultati dieci anni prima per una prima versione del My Life In The Bush Of Ghost. Questa traccia vola nel suo scheggiare sonoro e nel suo rumorificare così astratto ma allo stesso tempo concreto: e Conny Plank si allena prima dei Neu!. E poi, e poi campane di chiesa, di quelle chiese abbandonate nelle foreste mistiche di antiche popolazione credute ormai estinte da secoli, ma che invece inviano impulsi dritti dal centro della terra. E' "Silver Forest" e con i suoi rintocchi guidati da un sintetizzatore impazzito ci accompagnano dentro questa foresta sonora, tanto angusta quanto affascinante. Percussioni, percussioni pure nel brano successivo. "Rythm Salad" è questo, quattro minuti di energia sotto forma di ritmo, e nulla più. A concludere è "Noitasinagro", un'eqilibrata linea tra violini e percussioni, figli dello sperimentalismo americano (Velvet Underground), con una progressione sempre più diatata e distorta, che chiude l'album in un crescendo ritmico così com'era iniziato.

L'edizione originale è questa qui, mentre in seguito in una riedizione di tardo 90', fu aggiunto un lungo brano, "Vor dem blauen Bock", di pregievole fattura che non rovina il contesto, anzi, anche se strutturata troppo su feedback e distorsioni chitarristiche non proprio abbondanti nell'album. Eppure è erronea, perchè non appartenente agli Organization ma ai primi Kraftwerk, ed il titolo originale era Rückstoss Gondoliere.

Questo insomma è l'inizio dell'avventura Kraftwerk, ma soprattutto l'unico episodio della cometa Organisation che se fosse vissuta più a lungo avrebbe sicuramente anticipato di qualche anno la musica contemporanea. Ma la storia (del rock) non si costruisce con i se e con i ma, ma soltanto dal fluire degli eventi, scanditi di tanto in tanto da capolavori che ne vale la pena di sottolineare e andare a ripescare. Questo è sicuramente uno di quelli. Allora non indugiate a farvi portare in quella foresta incantata con quel suono senza tempo. E ricordate: non sono i Kraftwerk, sono gli Organisation.

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