Una voce cherubina sta giocando con le note fra queste mura. Si diverte a camminare su tappeti di calda trama e passionale ordito, a scappare su pendii troppo ripidi, dove solo pochi angeli in passato hanno azzardato la fuga. So dove vuole arrivare, ma io non voglio seguirla, ci han già provato in troppi, troppe false promesse. Non tornerò più in quel posto dopo quel maledetto maggio del millenovecentonovantasette.

Eppure è più forte di me, comincio ad addentrarmi timoroso e da lontano sento già l'aria frizzante, lo scorrere di acqua ammaliante e tentatrice. Il Mississipi, il fiume, quel maledetto fiume. Qui l'acqua di solito è così agitata che è impossibile scorgere il suo sguardo dal fondo, per quello preferisco non venirci mai, tanto è inutile, so che lui è lì ma si nasconde sempre sul fondale agitando le acque in superficie. Oggi però c'è una strana calma, è così poca la corrente che sembra quasi di riuscire a scorgere il fondo, per un momento mi è sembrato di aver rivisto il suo sorriso. A portarmi al fiume questa volta è stata la splendida voce di Nicolas Leroux, una voce così piena di grazia che oggi l'acqua era addirittura calma. Per una volta i paragoni non sono troppo azzardati, per questo gli Overhead, francesi di origine ma inglesi di adozione, con il loro album d'esordio "Silent Witness" meritano un ascolto. Dietro la guida dell'angelico Nicolas, cantante e chitarrista, questo gruppo francese è riuscito a creare splendide atmosfere rarefatte e sofisticate che spesso rapiscono con la loro intensità.

Si comincia con "Innerself", un arrangiamento di piatti e chitarra quasi jazzato con Leroux che gioca con il miele nelle corde vocali. Le atmosfere si mantengono calde e avvolgenti, e con "You Call It Love" si respira sensualità e eros, il pianoforte di Alexaandre Destrez inebria la stanza di profumo mentre una voce passionale ci spoglia lentamente. Comincia il rituale della seduzione e finalmente alla settima traccia "The Sky Lit Up" si raggiunge l'estasi, quattro minuti di pelle che suda e corpi che si sfiorano, chiudiamo gli occhi e lasciamo che i sensi abbiano il sopravvento. Arie solari e a volte più autunnali dominano un intreccio di delicato rock, con accenni a volte jazzati e timide fughe psichedeliche, dove la chitarra e il pianoforte spesso sembrano impegnati in una cerimonia di accoppiamento. Continuamente cullati dai gemiti e dai sussurri di Nicolas, giungiamo alla fine delle undici tracce ed è facile rimanere colpiti da tanta grazia. Se un giorno un giovane francese dovesse invitarvi al fiume a vedere gli angeli non abbiate paura ma seguitelo.

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