1996. Uno degli anni di apice di successo per i Pantera. Tralasciando la discografia autoprodotta, il combo texano nel giro di pochi anni ha sfornato tre totali capolavori del calibro di “Cowboys From Hell”, “Vulgar Display Of Power”, e “Far Beyond Driven”.

Fonte di ispirazione per qualsiasi futuro gruppo thrash, post-thrash, thrashcore, metalcore, ma anche new metal (sì, new metal), il gruppo è chiamato a proseguire la striscia positiva di uscite discografiche. Ed ecco che spunta “The Great Southern Trendkill”. Successo o insuccesso? Dipende dai gusti. Non sono pochi quelli che lo considerano l’anello debole della loro produzione fino al ’96, facendo, a mio parere, un grosso errore.

Sì, perché tralasciando le logiche differenze col passato (chiaramente la voce di Phil Anselmo non è più quella di una volta, visti gli abusi di ogni genere), si ha a che fare con il classico trademark panteriano, fresco, diretto, compatto, vario, ma soprattutto violento, catchy, con quel groove maledetto che solo loro sanno creare. Ma la caratteristica nuova di questo platter rispetto agli altri è il fatto di essere sicuramente più southern. Si capisce già dal titolo, le sonorità si fanno più fangose, quasi sludge e non è azzardato dire che in un paio di canzoni il suono si faccia quasi doom. Tutto questo non fa altro che rendere il lavoro più vario e godibile dalla prima all’ultima nota. Passiamo ora al resoconto canzone per canzone.

THE GREAT SOUTHERN TRENDKILL Il disco comincia con un attacco frontale, con uno scream devastante di Anselmo all’improvviso, che se si sta ascoltando il cd a tutto volume, è capace di farvi saltare sulla sedia. La song è classica, un fantastico brano veloce in puro stile Pantera.

WAR NERVE Si prosegue con “War Nerve”, ormai un classico, tanto che la si può trovare anche nel live uscito successivamente al tour di “The Great Southern Trendkill” . Più lenta della precedente, risulta comunque coinvolgente grazie al fantastico lavoro di chitarra del compianto Darrell.

DRAG THE WATERS Fantastica. Sicuramente uno degli highlights dell’album; paragonabile, anche se solo in parte, a “Walk”, poiché risulta ripetitiva e martellante, positivamente parlando, anche se ancora più lenta della song di “Vulgar Display Of Power”. Bellissimo il suono della batteria di Vinnie Paul, impreziosito da una “cowbell“ che rende il tutto più “southern oriented” .

10’S Primo pezzo in cui si notano le differenze con gli altri album. Questa song è più tranquilla delle altre, più lenta e cadenzata. Si sente l’influenza sludge e si fanno sentire le somiglianze con il doom dei Crowbar, gruppo fortemente amato da Phil Anselmo. Veramente un’ottima canzone. Da antologia il riff di Dimebag verso la fine del brano.

13 STEPS TO NOWHERE Un ritmo di batteria introduce la quinta song che riprende il sound più classico dei Pantera. Non c’è molto da dire, buon brano con un interessante spunto doomeggiante nel finale.

SUICIDE NOTE PT. 1 E qui viene il bello. Canzone completamente acustica. Una splendida chitarra che sforna riff eccezionalmente rilassanti ed evocativi, accompagnati dalla voce pulita di Anselmo che si ispira ad alcune idee presentate l’ anno precedente con i Down, dimostrando di trovarsi a suo agio anche con pezzi più lenti e senza cantato estremo. La canzone più southern del disco, soprattutto grazie alla voce. Non si era mai sentito niente da parte dei Pantera ma il pezzo risulta perfetto.

SUICIDE NOTE PT. 2 La “sorella cattiva” della precedente. Simile alla title track per potenza e violenza, è esattamente l’opposto di quanto fatto nella prima parte. Velocissima, anche questa song verrà inserita nel successivo live. Di nuovo da sottolineare lo splendido lavoro di Darrell alla chitarra.

LIVING THROUGH ME (HELLS’WRATH) Di nuovo il solito classico Pantera’s Sound in un grande brano che ha il suo punto di forza nel refrain con il suono della chitarra in primo piano scandito dai ritmi precisi della batteria.

FLOODS Un altro highlight. Molto simile per i suoni e la struttura a “10’ S” , un po’ doomeggiante e piuttosto tranquilla. Ma il pezzo forte arriva verso la fine, dove, dopo un forte rallentamento, la canzone sembra finire. Parte invece una splendida melodia evocativa con in sottofondo il rumore della pioggia battente. Veramente eccezionale.

THE UNDERGROUND IN AMERICA Collegabile alla song successiva poiché presenta uno stesso riff. Molto bella, classica, violenta al punto giusto, con una parte finale davvero fantastica, molto varia e ben strutturata. Di nuovo pazzesco il lavoro di Darrell.

(REPRISE) SANDBLASTED SKIN L’urlo di Anselmo “The Trend Is Dead!!!” (azzeccatissimo!) introduce l’ultima canzone, anche questa presente nel live; il rallentamento finale, dopo una marcata dose di violenza, conclude la song e l’album.

Insomma, un grande lavoro, un grande affiatamento, e, soprattutto, una grandissima band. Della quale non sono ancora riuscito a decidere quale sia l’album migliore… L’evoluzione perfetta del sound dei Pantera, un’enorme svolta sonora, il punto di arrivo al quale succederà “Reinventing The Steel”, tentativo di ritorno alle origini che li porterà poi allo scioglimento. “The Great Southern Trendkill” è un azzardo, una vera e propria incognita che si è rivelata davvero positiva nel distaccarsi più o meno marcatamente dai precedenti schemi. I quattro avrebbero potuto adagiarsi sugli allori portati dal passato e magari riscrivere all’infinito lo stesso album, vendendo copie su copie… Invece no, la voglia di spingersi più in la, di fare ciò che si preferisce, rompendo gli schemi, a volte paga. Come in questo caso.

Compratelo, ascoltatelo, godetevi ogni nota, perché ne vale davvero la pena! The trend is dead!!! Semenz

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