Per il vecchio Macca abbiamo prevedibilmente finito ogni parola, definizione, elogio disponibili.

Questo anziano signore di settantasei anni suonati, ex componente di sappiamo noi chi, se ne esce col suo diciassettesimo album in studio, a 5 anni dall’ottimo “New”. Allora si affidò alle sapienti mani, assieme ad altri, del produttore-guru Mark Ronson; questa volta è ancora più previdente, e sceglie il lanciatissimo e richiestissimo Greg Kurstin, uno che partito dalla sua band The Bird And The Bee si è reinventato produttore abbinato ai miracoli (gli ultimi di Cvrches, Sia, Foo Fighters nonché parte del clamoroso rilancio solista di Liam Gallagher).

Ed il miracolo si ripete anche qui; Macca continua a non sbagliare un disco, considerando che stiamo comunque parlando di un quasi ottantenne che ha dimostrato tutto. Da quel miracoloso “Chaos And Creation In The Backyard” di tredici anni fa, Sir Paul è letteralmente rinato, e tra alti (tanti) e bassi (pochi pochi) continua a sfornare gemme a getto continuo, addirittura arrivando a prendersi dei rischi che un artista arrivato dove è arrivato lui potrebbe evitare di affrontare.

Prendiamo uno dei singoli estratti da questo nuovo lavoro, ovvero “Fuh You”; si tratta dell’unico brano non prodotto da Kurstin, visto che alle manopole troviamo il frontman dei OneRepublic, Ryan Tedder (già al lavoro con gli ultimi, in parte sorprendenti U2). Tedder, senza timori riverenziali, co-scrive e costruisce intorno a McCartney un pezzo dalle tonalità piuttosto moderne, con tanto di high-pitched vocals, ed il buon Paul non solo se la cava, ma ne trae uno dei pezzi più brillanti dell’album.

Per il resto siamo chiaramente ed inequivocabilmente in pieno territorio Macca: rock ‘n roll divertente e divertito (il singolo “Come On To Me”, la serratissima “Who Cares”, addirittura un alt sporco come “Caesar Rock”), ballad pianistiche intrise di classe ed ispirazione (l’altro singolo “I Don’t Know”, riflessione sulle difficoltà di affontare la vecchiaia), delicatezze acustiche come se piovesse (la commovente “Happy With You”, “Confidante”) e persino un episodio neo-samba (!!!) come “Back To Brazil”.

Finita qui, ci accontentiamo? Proprio no. C’è “Dominoes” che è seriamente uno dei migliori brani composti dall’ex Beatle negli ultimi venti anni e ci sono due lunghe suite-capolavoro poste sul finire del disco.

Un disco soprendente, bello e che ci riconsegna un Paul McCartney che non vuol proprio saperne di mollare. Per fortuna.

Brano migliore: Despite Repeated Warnings

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