I primi anni della carriera solista di Paul McCartney furono caratterizzati dall’attesa di un album che potesse reggere il confronto coi lavori dei Beatles. Soddisfatta questa esigenza con la pubblicazione di Band on the Run (1973), gli anni successivi videro i critici cercare ardentemente il successore di “Band on the Run”.
Molti furono gli album che poterono fregiarsi di questo titolo.
“Tug of war” innanzitutto, acclamato da pubblico e critica (Rolling Stone scrisse: “Questo è il capolavoro che sapevamo che Paul McCartney era in grado di realizzare”). “Flowers in the dirt”, elogiato come l’album del ritorno di Paul dopo i flop degli anni ottanta. “Flaming Pie”, infine, che segnava il recupero delle sonorità beatlesiane, sull’onda del successo dell’operazione “Anthology”.
Svaniti gli entusiasmi iniziali, ci si rendeva però sempre conto che si trattava sì di buoni album, ma di certo non dei successori di “Band on the Run” (né tantomeno dei fasti dei Beatles). Quello di cui critica e pubblico non si erano resi conto era che quando (e se) il capolavoro fosse arrivato, non ci sarebbe stato bisogno di acclamarlo: sarebbe stato evidente agli occhi di tutti.
E così fu per “Chaos and creation in the backyard” del 2005.
Quattro anni d’attesa rispetto al deludente “Driving Rain” ebbero come risultato il migliorlavoro del McCartney solista insieme al suddetto “Band on the Run”.
Va detto che gran parte del merito va al produttore Nigel Godrich (già coi Radiohead), che offrì finalmente una valida spalla a Macca, pronto a spingerlo al limite e a criticarlo aspramente, se necessario. In questo modo McCartney completò e rese perfette composizioni di livello superiore, suonate interamente da lui e prodotte magnificamente da Godrich.
Nonostante lo scarso successo di pubblico (McCartney ormai non è più molto di moda) la critica ha elogiato “Chaos” come meritava, definendolo il suo migliore album da trent’anni a questa parte.
Come si può ben capire la fondata speranza di tutti era che McCartney si affidasse ancora al buon Godrich per il suo successivo album. Purtroppo qualche mese fa si è appreso che “Memory Almost Full”, in uscita ai primi di Giugno, sarebbe stato prodotto da David Kahne, già produttore del mediocre “Driving Rain”. Inoltre McCartney comunicò ai fan che le canzoni dell’album erano state in parte scritte prima di “Chaos”, lasciate incompiute, e riprese successivamente. Il timore era quello di trovarsi di fronte agli scarti di “Driving Rain”, a una sorta di “Driving Rain 2”.
Una buona notizia è invece il fatto che Macca suoni da solo tutti gli strumenti in molte delle canzoni, come in “Chaos”. Quando McCartney s’è affidato a session men,i risultati sono sempre stati miseri: a tratti “Driving Rain” era più un album del gruppo di accompagnamento che non di McCartney stesso.
Durante il mese di Maggio s’è potuto ascoltare il primo singolo estratto, “Ever Present Past”, un pop-rock abbastanza frizzante, che introduce fin da subito il tema del ricordo. La canzone non è male, soprattutto il middle eight. Tutto sommato si tratta già di una piccola delusione rispetto agli splendidi pezzi di “Chaos”.
L’album è aperto da “Dance Tonight”, del quale sarà girato un video con Natalie Portman e che circola già adesso nelle radio. Una singalong song basata sul mandolino, “Dance Tonight” è abbastanza divertente, ma è davvero difficile considerarla un capolavoro. Purtroppo sembra già delinearsi quella mediocrità che ha affossato molti album maccartiani.
Mediocrità che ritorna in “See your sunshine”, davvero dimenticabile. Fin da qui notiamo che la produzione di Kahne non è all’altezza di McCartney: troppo tagliente, troppo netta. La produzione più smussata e raffinata di Godrich era un modello da seguire.
Per fortuna arriva anche qualche nota lieta.
“Only mama knows” è un pezzo davvero riuscito. Una splendida intro orchestrale porta a un rock deciso e pungente, con stupendi passaggi strumentali. La canzone, in modo quasi lunatico, passa da un classico hard rock stile “Back to the egg”, a un bridge tiratissimo, a una sorta di middle eight corale che ricorda un po’ “Rubber Soul”. Splendida, davvero da ascoltare.
“You tell me” è una ballata molto intensa, incentrata anch’essa sul passato. Molto belli i cori, le parti di chitarra, ma soprattutto la melodia. Qui la produzione di Kahne funziona meglio che in altre parti, anche se pagherei per sentire “You tell me” prodotta da Godrich.
Concludendo questo magnifico filotto, si arriva a “Mr Bellamy”, aperta un’altra volta da una parte strumentale che ricorda molto “Love in the open air”. Ma non c’è tempo per farsi cullare dagli archi, si viene subito presi da una nervosa frase di piano che ci introduce la storia di un neo-single lieto di non avere più nessuno che gli dica cosa fare. Difficile non rintracciare nel testo la felicità di McCartney nell’essersi liberato della scomoda Heather Mills. Notevoli gli intermezzi melodici, in cui la produzione moderna di Kahne si inserisce alla perfezione. Sorprendendoci nuovamente, il pezzo si blocca e riprende con una delicata coda strumentale con McCartney che invoca “Torna, torna da me”.
Un trittico memorabile.
Ci svegliamo dal sogno con “Gratitude”, un pezzo in cui McCartney prova (con scarsi risultati) a cimentarsi con un pop-soul molto manierato. Non aspettatevi una nuova “Got to get you into my life”. Da dimenticare in fretta.
Segue “Vintage Clothes”, ancora sul tema del passato, di cui andar fieri (“What we wear is vintage clothes”) ma a cui non appoggiarsi esclusivamente (“Don’t live in the past, don’t hold on to something that’s changing fast”). Una canzone vivace, con forti echi beatlesiani (cori alla Rubber Soul, Mellotron alla “Strawberry Fields Forever”). Non indimenticabile, ma tutt’altro che brutta.
“Vintage Clothes” scivola direttamente in “That was me”, segnando l’inizio del Long Medley, esplicitamente ispirato a quello di Abbey Road. Un’operazione furbetta, forse anche pretestuosa, visto che non sussiste il concept che alcuni vorrebbero vedervi (il passaggio dalla giovinezza di “That was me” alla morte di “End of the end”). Tutto sommato si tratta però di un buon modo di chiudere un album e di aggiungere spunti d’interesse a un’opera che è sotto molti aspetti deficitaria. Inoltre il recupero del Long Medley non stona con la spensierata ricerca del passato di Memory almost full.
Tornando a “That was me”, siamo su un vigoroso versante acustico (“Mean Mr Mustard”?), spruzzato da qualche esuberanza elettronica alla “McCartney II”. McCartney racconta aneddoti sparsi della sua giovinezza liverpooliana. L’impressione è positiva, il tutto trasuda una grande freschezza.
Il Medley continua in “Feet in the clouds”, canzone melodica che, pur non essendo niente di particolare, cresce con gli ascolti. Stupefacente soprattutto il coro elettronico (“I find it very very very very very very hard”), McCartney a 65 anni suonati riesce ancora a sorprendere. Un finale energico porta al maestoso incedere di “House of wax”: interessante a tratti (l’assolo di chitarra in particolare) ma troppo lunga.
La successiva “End of the end” affascina non tanto per la melodia (niente di nuovo) quanto per lo splendido testo (“On the day that I die I'd like jokes to be told, and stories of old to be rolled out like carpets that children have played on and laid on while listening to stories of old”). La morte trattata con tatto e pudore, senza la minima retorica.
L’album si chiude in tono minore con l’inutile rock di “Nod your head”.
Prima del commento finale va ricordato che la promozione di Memory almost full si discosta molto dalle precedenti esperienze di McCartney. Sarà il suo primo album a essere disponibile fin da subito in formato digitale.
Il video di “Dance tonight” vedrà la sua première in rete, su Youtube.
McCartney ha inoltre creato per i fan un sito apposito per Memory almost full (www.meyesight.com), con demo, testi, buffi video e quant’altro. L’album sarà pubblicato in versione normale, limitata (con un booklet speciale), limitata 2 CD (il cd bonus conterrà un’intervista, e 3 canzoni aggiuntive: “In private”, “Why so blue”, “222”.)
In definitiva Memory almost full un album che prova nuove strade come pochi album di Macca hanno fatto prima. Si tratta di un prodotto lunatico, che balza tra suoni e generi diversi, a volte all’interno della stessa canzone. Classica, hard rock, pop orchestrale, melodie acustiche contribuiscono a creare un’impressione di grande varietà.
La produzione è vivace, fresca, ma spesso troppo decisa. Alcune canzoni avrebbero necessitato di maggiori limature, di una maggiore cura. Se ancora ce n’era bisogno, Kahne dimostra di essere meno abile di Godrich.
Ma giudicare un album dallo stile, dal genere o dalla semplice produzione, è a mio parere sbagliato. Ciò che conta davvero è la qualità delle composizioni. E le composizioni di Memory almost full spesso non prendono. Non che sia brutto, anzi, ma poche canzoni rimangono in testa, e ancora meno resisteranno a un ascolto prolungato. Le due canzoni scelte per la promozione (“Dance tonight” e “Ever present past”) sono carine, ma ben lontane dai vertici di Chaos. Il Long Medley è curioso, ma NESSUNA delle canzoni presente è davvero memorabile. Rimane la splendida successione “Only mama knows”-“You tell me”-“Mister Bellamy” a dirci come avrebbe potuto essere questo Memory almost full con qualche anno di preparazione e una produzione più attenta.
Per i fan si tratta di un prodotto valido, senz’altro da acquistare.
Per tutti gli altri ricordate che sarà presto disponibile sul sito di Paul per il download: scaricatevi i 3 suddetti pezzi, e poi decidete se vi interessa proseguire.
Elenco tracce testi e video
07 Gratitude (03:19)
Gratitude gratitude gratitude
I'm so grateful for everything
You''ve ever given me
How can I explain what it means
To be loved by you
By you loved by you loved by you
Show my gratitude gratitude
Show my gratitude
I want to show my gratitude gratitude
Well I was lonely
I was living with a memory
But my cold and lonely nights ended
When you sheltered me
Loved by you
I was loved by you
Yeah I was loved by you
I want to show my gratitude
Want to show my gratitude
Yeah show my gratitude
Show my gratitude
I should stop loving you
Think what you put me through
But I don't
Want to lock my heart away
I will look forward too
Days when I'll be loving you
Until then gonna wish
And hope and pray
I want to show my gratitude gratitude
Yeah I want to show my gratitude
Show my gratitude
Yeah my gratitude
To be loved by you
Be loved by you to be loved by you
Loved by you
I want to show my gratitude gratitude
08 Vintage Clothes (02:22)
Don''t live in the past
Don''t hold onto something that's changing fast
What we are is what we are
And what we wear is vintage clothes
Vintage clothes
Vintage clothes
We jump up for joy
Who cares if we look like a girl or boy
What we are is what we are
And what we wear is vintage clothes
Vintage clothes
Vintage clothes
A little worn
A little torn
Check the rack
What went out is coming back
Don''t live in the past
Don''t hold onto something that's changing fast
What we are is what we are
And what we wear is vintage clothes
Vintage clothes
A little worn
A little torn
Check the rack
What went out is coming back
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Altre recensioni
Di Dear_Boy
Basterebbe quell'orrorosa copertina per tenersi i soldini stretti in tasca.
Sembra un disco confezionato da dilettanti allo sbaraglio.
Di Lelio58
Paul, non è indispensabile per uno come te registrare musica anche se non sei ispirato.
Mi aspettavo molto di più. Forse sono gli scarti di Chaos and Creation.
Di vitols4
Paul è come il più grosso diamante grezzo del mondo, che senza un ottimo artigiano intagliatore vale poco e dice meno ancora.
L'album fatica a stare in piedi, può piacere solo a chi si è messo lì con santa pazienza ad ascoltarlo cento volte.
Di enbar77
Se un distinto giovanotto di 65 anni ti rifila un pezzo del genere è assolutamente da encomiare.
Acquistatelo senza badare alle recensioni negative.