Super, tredicesimo lavoro dei Pet Shop Boys, è il secondo di una probabile trilogia discografica firmata dal produttore Stuart Price. Per chi non lo sapesse Price, conosciuto anche con gli pseudonimi di Jacques Lu Cont e Les Rythmes Digitales, è un dj che, dopo una gavetta da riarrangiatore di brani di popstar celebri, ha raggiunto la notorietà nel 2005 grazie al suo contributo in Confessions on a Dance Floor, probabilmente l'ultimo vero gioiellino di Madonna. Proprio quel disco ha rappresentato il volano per la sua ascesa come producer mainstream: le sue brillanti creazioni house-elettroniche che celebrano i fasti dance degli anni 80 (in veste ovviamente più aggiornata) hanno attirato parecchie stelle della discoball, da Kylie Minogue agli Scissor Sisters.

Il connubio fra Price e la coppia Tennant - Lowe è nato in una fase delicata del duo, in piena scissione dalla Parlophone, l'etichetta che li distribuiva da Please, e reduce dall'incompreso, onirico e meditativo Elysium. Per i Pet Shop Boys affidare la produzione di un nuovo album all'artefice dei trionfi di Hung Up e Sorry significava riabbracciare la pura scia dance che aveva un po' abbandonato dopo Nighlife. Scelta rivelatasi azzeccatissima: Electric è un vero e proprio unicuum fra le produzioni pop danzerecce degli ultimi anni di revival elettronico, fra i pochissimi dischi a non cadere nel baratro dell'eccesso e del trash. Un gioiello di prima categoria, godibilissimo tour de force di brani da febbre del sabato sera, capace di far riaccendere la passione verso un monumento pop degli Ottanta il quale, pur annichilito dal turnover sonoro e concettuale dei Novanta, è riuscito comunque con ammirevole dignità a proseguire sul proprio cammino artistico senza farsi scalfire dal calo fisiologico di consensi.

Anticipato dal brano promozionale Inner Sanctum, Super porta avanti il discorso musicale di Electric e ne imita le strategie promozionali: minimalismo di intenti, lontananza da riflettori e classifiche, architettura sonora che spesse volte sovrasta il canto, ridefinizione e aggiornamento dei trascorsi elettrodance. Ma mente Electric si palesava aggressivo, accesso, infuocato, tenace e ruvido, un rave party in formato mignon, Super smorza i toni: dance, ma non troppo "violenta" e synth, ma non troppo grezzi. Il mood si fa più pop e meno "rave" e le canzoni, pur ballabilissime, non presentano quel dinamismo vorticoso e mancano di sprigionare l'eccezionale e straordinaria energia che aveva forgiato capolavori come Vocal, Axis, Shouting in the Evening e Bolshy. In definitiva, la seconda uscita a tre fra Neil Tennant-Chris Lowe e Stuart Price sforna un'apologia dance più easy e pop, a metà strada dra il revival synth di Fundamental e Yes e le sbarazzine fantasie house di Very.

Happiness, debutto dell'album, è uno dei brani più vicini al predecessore Electric: un martellante sound techno/house circoscrive l'unico motivo ripetutamente cantato, un ritornello-nenia in veste pseudo-country. Seguono il singolo The Pop Kids, più vicino agli stilemi Novanta che Ottanta, e la singolare Twenty-Something, sorta di mambo italiano passata al frullatore elettronico che latineggia sarcasticamente esattamente come lo facevano Bilingual e Domino Dancing. Il trittico composto da The Dictator Decides, Sad Robot World e Into Thin Air compone l'altra faccia della medaglia, quella melodica, malinconica e slow-midtempo. In The Dictator Decides ci troviamo di fronte a una distopica, ansiogena ed estremamente cupa composizione elettronica, con tanto di marcia militare e citazione dell'Introduzione al Miserere "Filiae Maestate Jerusalem" di Vivaldi (ennesima e apprezzabile campionatura "colta" del duo), mentre Into Thin Air apre a un territorio trascendental-onirico quasi romantico. Nel mezzo vanno infine segnalati il climax psichedelico - robotico di Pazzo! e l'estasi dei sintetizzatori in Burn e Undertow, autentiche apoteosi della discomusic.

Super è un album che non raggiunge le vette impressionanti di Electric ma non sembra neanche porsi un simile scopo. Nella loro ormai trentennale carriera i Pet Shop Boys hanno quasi sempre, nel comune denominatore elettropop, armonizzato vigore e leggerezza senza dover creare dialettiche e scontri categorici fra capitoli discografici. Quindi, anche Electric e Super non si pongono il problema di precedenze e successioni, evoluzioni e involuzioni, e optano invece per una naturale e spontanea prosecuzione di intenti: quella di essere apologeti veraci e autorizzati dei tempi che furono, liberi di proporre gustosi revival degli Ottanta senza la paura di essere tacciati come anziani nostalgici e fuori moda. Perché la buona musica da ballare non va mai in quiescenza.

Carico i commenti... con calma