Si dice che nella vita ci sia sempre una prima volta. Ma perché accontentarsi della prima volta e non sperimentare una seconda esperienza, magari più totalizzante?
07/10/13 Milano, Assago Forum
E’ la prima volta che vado a vedere il mio “idolo”, il mio amore musicale, Peter Gabriel. Ci tengo a virgolettare la parola “idolo” perché in realtà io non sono uno di quelli che idolatrano un artista, e che lo elevano a mostro sacro indiscusso senza però interessarsi ad altri (artisti). Diciamo che Peter Gabriel a livello soggettivo è il mio artista preferito, e ho detto a livello soggettivo perché di fatto ci sono stati artisti più influenti e innovativi di lui. A prescindere da quest'ultima considerazione, Peter - a mio dire - ha sempre avuto una marcia in più rispetto a chiunque altro, riuscendo ad essere importante per più di una generazione e innovativo per tutta la sua carriera, mai banale, e soprattutto emozionando, attraverso la sua voce, i suoi testi, le immagini che evoca attraverso gli stessi testi. In poche parole, Peter è il cantante che sento a me più vicino, che riesce a scavare nella mia anima, che implica in me una vasta gamma di emozioni.
L’attesa è febbricitante, la tensione è palpabile, perché l’ansia per l’apertura dei cancelli è tanta: la prima volta non si scorda mai. Appena l’uomo dei biglietti mi liquida dopo che io gli ho presentato il mio (di biglietto) mi metto a correre precipitosamente, senza tregua, senza sosta, implacabile, e arrivo in prima fila, sono uno dei primissimi; purtroppo poi ho dovuto retrocedere perché per colpa della mia altezza la gente, dietro, non vedeva e mi ha intimato per l’appunto di andare dietro. Comunque sia, a tre metri dal palco, ho visto per la prima volta nella vita il mio cantante del cuore.
Peter presenta due musiciste svedesi ("molto talentuose"), Jennie Abrahamson, Linnea Olsson, rispettivamente xilofonista e violoncellista. Le due suonano e cantano e il pubblico è ammaliato, io di fatto lo sono, le trovo molto seducenti.
Conclusasi la loro esibizione, Peter legge da un foglio scritto in italiano la struttura del concerto, che si articola in tre parti come i pasti della giornata: colazione, pranzo e cena. Il pubblico ride di gusto davanti alla simpatica spiegazione.
Prima parte: colazione. Brani in versione acustica. Molto godibili, lo spettacolo si avvia in modo piacevole, per dare spazio poi alla parte elettrica (e elettronica) che costituisce il pranzo. Pezzi come “Family Snapshot” e “The Family and the Fishing Net” acquistano nuova linfa, sono i momenti più adrenalinici e magici del concerto a mio parere, quelli più spiazzanti.
La terza parte, la cena, consiste nella riproposizione dell’intero album “So” del 1986: bellissimo il duetto Peter – Jennie (Abrahamson) in “Don’t Give Up”, da brividi e da lacrime “Red Rain” e “Mercy Street”. “Sledgehammer” e “Big Time” fanno esplodere lo stadio in un tripudio di gioia, mentre la versione allungata di “In Your Eyes” convince del tutto i presenti che Peter è ancora in pista, che è ancora pieno di vita e pieno di voglia di donare al mondo la sua musica.
Peter e i musicisti si inchinano ed escono, ma è un’illusione: rientrano tutti per concedere un bis, che si conclude con “Biko”, l’inno generazionale contro le ingiustizie perpetrate dai governi, le ingiustizie che uomini umili hanno dovuto subire da quando mondo è mondo. Un inno alla libertà, alla non accettazione dei dati di fatto.
21/11/14 Bologna, Unipol Arena
L’emozione è la stessa, anche se non la paleso. Mentre aspetto in fila per il parterre, parlo con dei fan come me, che non conosco, preso dalla loro discussione musicale. Una voce mi chiama, e io sono sconcertato. Mi giro, ci sono due persone, un uomo e una donna che non mi pare di conoscere. Continuano a dire il mio nome e ridono davanti alla mia incredulità. Alla fine si rivelano: sono due miei amici che conosco su Facebook attraverso un gruppo di fan di Peter. E penso: ammazza, quanto è piccolo il mondo! Parliamo, parliamo, parliamo, li conosco un po’ di più, conosco nuova gente che questi mi presentano, e l’attesa per il concerto non è poi così noiosa: il tempo passa veloce. 19:20 circa, apertura dei cancelli, come al solito corro verso il palco. Stavolta non arrivo in prima fila, ma sempre vicinissimo, i soliti tre – quattro metri. In compagnia dei miei amici assisto al meraviglioso spettacolo che Peter ci dedica, che dedica a tutti noi, suoi fan, suoi imperituri estimatori.
La struttura del concerto è la stessa dell’anno scorso, lo show è preceduto dall’intervento delle due musiciste svedesi, la scaletta è più o meno la stessa, se non quasi uguale, ma l’emozione è rinnovata, forse più matura. Per questo penso che sia bene sperimentare più di una volta la stessa esperienza, perché vedi una stessa cosa sotto una diversa luce.
Bologna ama Peter e lo mette in chiaro, facendo continue ovazioni, richiami, incitando Peter, pretendendo il bis e il contro-bis. Peter guardando dall’alto sorride spiazzato, un sorriso a metà tra il sorpreso e il compiaciuto: amante, fin dai tempi dei Genesis, dell’Italia, che lo ha sempre accolto a braccia aperte, Peter è con rinnovata certezza soddisfatto del suo pubblico. Io dal canto mio spero che tornerà anche il prossimo anno, e l’anno dopo ancora. Amore puro.
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