I manifesti per le strade sono caldamente “beneauguranti”: il nostro Pino Masaniello presenta una tappa live gratuita nientepopodimeno che nella cittadella di santi artisti e mercanti, Pagani (Sa), la mia, del suo electric pattume jam tour.
Le orecchie mi sibilano di conversazioni telefoniche andate a male, i dorsali indolenziti chiedono pietà per gli studi pre-esame, quindi bisogna ristrutturarsi,o quanto meno, ripararsi. Ammettiamo anche che a una vecchia fiamm… focolaio partenopeo non si nega mai una disposizione acustica totale, anche se temi che possa presentarsi con una panza abbuffata, j-ax, ma soprattutto tanto ‘vulio di fare solo presenza e statevi bene.
La piazza non è gremita agli orli; il servizio security, comprensibilmente, è abbastanza precario; altri cattivi presagi di una serata a puttane, in agguato. Con un po’ di culo io e la mia combriccola ci infiliamo dietro una troupe televisiva che si fa largo fra genti (con accenti che denotano poca limitrofia col mio, strano) di ogni dove, e riusciamo, sempre a culo, a prendere un buon posto anche se defilato.
Il concerto ha finalmente inizio.
Masaniello, normalmente, non è puntualissimo, e, anche se sul palco adorniato di candelabri e instancabili giochetti di luce sembra Tommy Thayer, ci accoglie subito col suo “complesso jazz” Barba, Zurbolo, e Podio rispettivamente batteria, contrabbasso/basso, e piano. Niente zozzarie quindi. Da lì la serata prende un’ottima piega. In due ore si può dire che tutto sia quasi organizzato alla perfezione. C’è un convolgimento sempre emotivamente sostenuto, la scaletta alterna le vecchie riproposte blues dei ’70 alla recente produzione, resa questa, meno melensa dall’impegno e un’attitudine costante alla voce e allo strumento, che sono, davvero, esageriamo, applausi.
Quando forse i limiti vocali risultano evidenti, resi tali da alcuni abbassamenti di ottava nelle parti più concitate, ciò che è il feeling chitarristico, forse, del miglior bluesman italiano, non è mai venuto meno. Una chitarra che, diverte, regala candore ed enfasi proprio mentre la pioggerellina ti ha già adorniato il viso e punzecchia continuamente imperterrita, fraseggia groove acidi con il contrabbasso, introduce funambolica e leggiadra assoli (da ricordare quello di batteria, non a caso caduto giusto in mezzo Yes I know My Way, trascinantissimo, molto prog, da rimandare nostalgicamente al miglior De Piscopo).
Sorprendenti inframezzi di tiratura tipicamente jazzistica a fare da contrappeso alla banalità, se vogliamo, di brani che recitano: “io cerco il sole dentro me”, sono forse sonorità dal richiamo subliminale per una rottura a un ritorno agli albori? Chissà… So solo che se dovesse passare nelle vostre vicinanze, continuando con quest’impeto e la resa che ne consegue, ragazzuò…io ci sborserei anche qualche deca di euro…
Quasi sempre caducità alla tecnica, ma sentimento, ed è quello che ti stavamo chiedendo da 20 anni Pino, e temevamo ormai non ci potessi più offrire, ma, nel bene e nel male, la sera del 5/1/10 l’hai fatto.
Grazie
Carico i commenti... con calma