Non è bastato il suo vino a rendere Maynard James Keenan una persona allegra. Ma nemmeno ad ispirarlo.

La dimostrazione è Puscifer. La creatura "industriale" di mr.Tool prende forma, infatti, nelle cantine dove il tanto millantato vino viene custodito, ma già dai suoi primi mostruosi vagiti non mi aveva convinto per niente, e continua a farlo, con qualche passo in avanti. Mi aspettavo ben di peggio dopo il (quasi)terribile (quasi perchè un paio di pezzi li salvo) "V Is For Vagina".

Al solito, per rendere più appetibile il prodotto, il Nostro chiama a raccolta una cerchia abbondante di scoppiati raggranellati qua e là, ad esempio? L'ex Mars Volta Jon Theodore, gli Stolen Babies Rani e Gil Sharone, il figliol perduto di Les Claypool Tim Alexander, il mastro di suoni dal vivo dell'ultima incarnazione live dei NIN Alessandro Cortini e altri ancora. Ma ancora l'ispirazione non è che arrivi proprio così fulgida come uno se la immagina. Con questa pletora di mostracci in aggiunta alla voce da incubo di MJK dovrebbe uscirne un disco da leccarsi le dita dei piedi.

E invece no, o meglio, sono combattuto lo ammetto, non quanto mi aspetterei da questo mostro dell'alternative (prendete con le pinze questa cazzo di definizione). Se mi fossi fatto condizionare dall'orribile sound ottantiano di "Tiny Monsters" con questo synth posticcio che accompagna una linea vocale melensa e introduce ad una batteria elettrica da far accapponare la pelle, mi sarei fermato qui, ma a me il vino è servito per tirare avanti fino alla fine. Già al secondo pezzo siamo finiti da un'altra parte, "Green Valley"prende una piega cantautorale magnifica, una voce a filtroradio con un Keenan che carezza le corde della chitarra come ai bei tempi del primo APC, a braccetto con una voce femminile e lontani cori per poi introdurre una chitarra fuzzatissima e una sezione ritmica che proprio a "Mer De Noms" ci riporta.

Ma non siamo alla corte del Cerchio qui anche se "Telling Ghosts" ci potrebbe illudere, una malinconica intro vira in un'esplosione industrial rock notevole corroborato da tante belle bastonate che si trasformano in carezze di pietà nella strofa tornano ben presto a far male, ma mai abbastanza, e così anche nella Nineinchelistica "Toma" ,bastarda ma troppo derivativa dal mostro Reznoriano, e ovviamente totalmente priva dell'estro del Maestro. Goduriosa invece la svisata countrymerda della title-track (vi consiglio anche il video), lurida e ficcante, con un basso enorme che cola di grasso come la bocca di un fottuto redneck pescato chissàdove.

In "The Weaver" invece ha preso le melodie volanti di chitarra di certi U2 degli anni'80 e le ha imbevute in una poltiglia nera e acida, in controtempo, con una voce splendida. Invece non mi spiego il banjo e tutto il resto del pezzo che chiude il disco, e neanche le elettronicate oscene di certi altri, e le marilynmansonate qui e là, il che mi strappa anche una bella imprecazione coloritissima. Avrò bevuto troppo vino?

Insomma, Maynard, con Puscifer...che cazzo ci vuoi dire?

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