Quand'ero bimbo qualcuno comprò il disco dei Pearls before swine e, mio dio, cos'era quella roba?

Sembrava di stare in un altro tempo (il mediooevo, il rinascimento?) o in un misterioso mondo parallelo.

Avete presente quando le cose non stanno in piedi eppure stanno in piedi lo stesso? “Incertezza io e te pari siamo” direbbe il poeta.

Del resto se c'è una cosa che noi smandrappati detestiamo son quelli dal passo dritto e sicuro, non è mica per loro che si aprono le porte della percezione.

E comunque quanti eroi in quegli anni, quanti pellegrini nella grande città!! Gente che dormiva sul divano e suonava chissà dove in attesa di qualcuno sufficientemente suonato che gli facesse incidere un disco.

Ecco parecchi di sti tizi -i Pearls appunto, Ed Askev e anche il nostro Randy Burns- si accasavano, che Dio o chi per lui la benedica, alla ESP-Disk.

Bene, oggi non ci resta che andare a cercare questi dischi, un po' di luce nella nostra misera vita.

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Un soffio di parole, un soffio di musica. Chiudi gli occhi, oppure aprili, tanto non fa differenza.

I sixties, i sixties sempre e comunque.

Quella cosa fatta di luce, ingenuità, incantata morbidezza. Due soldi bucati di misticismo.

Due soldi bucati per tasche bucate.

Il solito menestrello, qualcosa del primissimo Tim fate conto. E, qualsiasi cosa significhi, un appena appena di psych.

“La sera del mago” “l'amore alla tua porta” “la mente che vola”, ovvero quelle parole che fuori dal loro tempo fanno sorridere, ma solo perché siamo teste di cazzo e abbiam perso la luce.

Che fate? State ridendo di nuovo? Fa niente prendila come viene luludia, i gigli del campo non si preoccupano.

Questo è un disco che ha bisogno di tempo o magari soltanto di una sera d'inverno. All'inizio son le cose più strane quelle a cui fai caso, del resto è piuttosto difficile non notare quando arrivi in cielo.

Ma pian, piano arriva anche il resto, “poesia poesia sembra che non ci sia poi ti prende per mano”...

Ecco che allora cammini a due centimetri da terra anche se sei seduto in poltrona. Ecco il solito naufragar che è dolce, la solita luminosa malinconia.

E alla fine non resta che soffiare la polvere del tempo per arrivare all'adesso...

Trallallà...

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