Nel vasto mare della produzione musicale, spesso sconfinata e sterminata, emerge come un faro la figura di Robin Storey, già membro dei leggendari Zoviet France. Con il suo progetto di culto, Rapoon, Storey continua a tracciare rotte sonore che sfidano i confini del tempo e dello spazio. In "Skulls On The Plains of Turkey", Rapoon sembra aver imboccato un sentiero di reminiscenza, evocando lo splendore di capolavori passati come "Vernal Crossing" e "The Kirghiz Light".

Le atmosfere di questo nuovo lavoro ci catapultano nuovamente verso l'Oriente, immergendoci nelle terre antiche e misteriose della Turchia. È un viaggio onirico che trascende le coordinate spazio-temporali, portando l'ascoltatore in una dimensione metafisica sospesa tra sogno e realtà.

Il disco è intriso di meditazione e introspezione, si dispiega attraverso un'alternanza di tracce ritmiche, come l'incipit travolgente di "Let Dust Rise And Blow Asunder", e pezzi più eterei e pacati, quali la sognante "Virmana Clouds". Ogni brano è un frammento prezioso, una miniatura musicale cesellata con maestria artigianale.

Storey si dimostra un artista autentico, immune alle effimere tendenze del momento, perseguendo con coerenza la sua visione sonora. Nonostante la quantità della produzione possa talvolta sovrastare la qualità, "Skulls On The Plains of Turkey" riesce a condurre la mente verso paesaggi esotici, evocati magistralmente dalle sonorità tribal-ambient di Rapoon, in una maniera che ricorda la magia di Muslimgauze.

"Skulls On The Plains of Turkey" è una porta aperta su un universo parallelo, dove ogni nota è un tassello di un mosaico ancestrale, e ogni ascolto un invito a perdersi tra le dune del tempo e le rovine di antiche civiltà.

4o

Carico i commenti...  con calma