Nel 2001, all'indomani dell'uscita di "Reveal", Peter Buck disse che avrebbero potuto essere pubblicati non uno ma quattro dischi, tutti con le stesse canzoni ma ciascuno con un sound diverso dagli altri; fosse successo quanto detto probabilmente avremmo potuto ascoltare, oltre a quello poi uscito, un disco acustico, uno elettronico ed uno elettrico.

Altrettanto probabilmente, però, nessuno di questi fantomatici dischi sarebbe riuscito a catturare l'anima di quell'animale chiamato R.E.M.; la cosa riesce benissimo, invece, ad "Accelerate".

Un disco breve, sotto i 35 minuti, una volta si sarebbe definito "urgente", cioè scritto e prodotto in fretta per la voglia dei musicisti di comunicare qualcosa ai propri ascoltatori.

In realtà sono passati 4 anni da "Around The Sun" (l'unico anello debole nella discografia dei R.E.M.), quindi tutta questa urgenza creativa non c'era; si intuisce invece, e si apprezza, una voglia di trovare modi nuovo di comunicare, di portare avanti le idee, e per farlo Stipe e soci guardano indietro e ripescano qualcosa da tutte le fasi della loro carriera.

Abbandonata l'elettronica e finita la predominanza di tempi lenti e melodie distese, il gruppo ritrova la voglia di suonare a chitarre spianate, cosa che si intuiva già negli ultimi tour con il ripescaggio di brani del passato acclamatissimi dai fan; il ritmo è spesso sostenuto, non c'è proprio il tempo di annoiarsi, come invece succedeva con alcuni degli album precedenti, fin troppo lunghi ed elaborati.

"Accelerate" inizia con un arpeggio di poche note memore di "Feeling Gravity's Pull", e continua con un ritmo nervoso che ricorda un pò ii primi album, un pò "Orange Crush"; l'iniziale "Living Well is The Best Revenge" è un tuffo al cuore, con un giro di chitarra ed un coro che richiamano "These Days" (da "Life's Rich Pageant"); il singolo è forse proprio l'unica canzone che ti aspetti, una bella melodia ariosa ed in qualche modo "familiare". "Hollow Man" avrebbe potuto stare in qualsiasi album prima di "Green", senza sfigurare, così come "Mr. Richards", mentre "Horse To The Water" si candida a pezzo più "cattivo" mai inciso, nonchè dotato di un ritornello da antologia.

Strano a dirsi, questa volta il punto debole del disco sono i brani acustici e più lenti, anche questi permeati di atmosfere già note ai fan. Tanti richiami e rimandi, direte voi (perfino 2 titoli di vecchi brani vengono citati in "Sing For The Submarine"), quindi un disco scopiazzato dalla produzione precedente?

No, proprio no: come scritto sulla rivista "MOJO" i R.E.M. fanno un passo indietro per farne due avanti, lasciandosi alle spalle certe discussioni tra di loro, certe recenti lungaggini ed in generale tutti gli orpelli che appesantivano le produzioni degli ultimi dodici anni, e recuperando una eccellente ispirazione compositiva, lo spirito (che si credeva ormai morto e sepolto) proprio degli anni di gioventù e, non ultima, la loro vera anima.

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