Riccardo Sinigallia è forse la figura più curiosa dell’intero panorama cantautorale italiano.

La sua storia iniza a fine anni ’80, in una cover band comprendente l’allora sconosciuto Niccolò Fabi e Francesco Zampaglione (fratello del più famoso Federico, con il quale fonderà i Tiromancino); già a quei tempi inizia a proporre inediti scritti di suo pugno, ma trova difficoltà nell’iniziare un progetto personale. Si dedica quindi all’attività di collaboratore ed arrangiatore: c’è il suo zampino dietro i primi lavori dello stesso Fabi (“Capelli”, “Rosso”, “Vento d’estate” ed il capolavoro “Lasciarsi un giorno a roma”) ed è suo addirittura il ritornello della megahit “Quelli che benpensano” di Frankie Hi-Nrg. La svolta arriva però nel 2000: Riccardo produce e co-firma interamente tutti i pezzi del disco dell’esplosione dei Tiromancino, “La descrizione di un attimo”, che gli consente finalmente di passare al debutto come solista, arrivato nel 2003 con un eponimo che si discosta dal cantautorato italiano per abbracciare certe sonorità più vicine ai Radiohead della fase post-“Ok Computer”.

Arriverà un secondo album solita più classicamente cantautorale ed un allontanamento netto dall’attività di cantautore (“ai miei concerti venivano quindici persone annoiate”), per proseguire una brillantissima carriera di produttore, fino al 2014 , anno nel quale ritorna in grande stile con una partecipazione a Sanremo (con relativa squalifica, in quanto uno dei due pezzi presentati era già stato presentato in sede live in precedenza) ed un disco che riceve finalmente un po’ più di attenzione.

Oggi, quattro anni dopo, Sinigallia ci riprova. Vuoi per dare continuità a questa nuova seconda vita cantautorale, vuoi perché forse l’aria che tira nei confronti del buon cantautorato italiano è decisamente migliore rispetto a dodici anni fa: indovinate chi ha prodotto l’esordio della new sensation Motta?

Ed è proprio Motta a suonare in diversi brani di questo nuovo “Ciao Cuore”, anticipato da un singolo in pieno stile Sinigallia e parziale ritorno al pop spolverato di elettronica dei primi lavori del cantautore romano. Rimangono dei “tiromancinismi” (“Che male c’è”, “A cuor leggero”) e l’opener “So delle cose che so” sa davvero troppo di Francesco Motta (guardacaso), ma la compattezza, la sapienza produttiva e la brevità dell’opera ("non tutto merita di entrare all'interno di un disco") fanno il resto e ci consegnano un disco notevole e ben fatto.

Le percussioni mai invadenti di “Dudù”, il sarcasmo tagliente di “Le donne di destra” ed il Battisti attualizzato di “Bella quando vuoi” completano il quadro di un disco frutto di una paziente e mirata opera di cesello, come solo i migliori artigiani sanno fare.

Speriamo solo dia finalmente a Sinigallia quell’apprezzamento del grande pubblico che certamente merita.

Traccia migliore: Dudù

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