De Rivolutionibus Orbium

Una cosa è certa: se dovesse esservi (nei paraggi, intendo) una stella pronta ad esplodere/implodere, non gradirei appartenere a quella morente/nascente galassia (gli ultimi stùdi pare affermino chè il ferragostano-sole sia, oltrechè una lampadina-fortissima, una non propriamente Hollywoodiana star); pertanto fin-à-chè si habla in S.A.M.-maniera (Sound-Allusivo-Metaforica) si puote anche discuterne, ma chè a nessuno venga in mente di far detonare alcunchè per registrarvi un disqo (per quanto interessante ciò possa risultare) per cortesia.

"La prospettiva cosmica è sempre interessante. Parliamo sempre in termini di spazio 'là fuori' ma in realtà noi pure siamo 'la fuori' nello spazio: noi apparteniamo ad un punto della mappa cosmica e SIAMO NELLO SPAZIO" Robert Mazurek

Assodato ordunque ché lo stakanovista * Mr. Mazurek e la Sua non propriamente jazz/orchestral/contemporanea-accolita ** di musico-esplodenti ha sostanzialmente intenzioni pacifiche e meramente astronomico/voyeruristico-esecutoree m'addentro con gioia et leggiadria nella brevilinea analisi di siffatta siderale, circonvoluzionista/copernicana musico-realtà.

Strutturalmente il corpo-celeste, seppur crono-suddiviso in 12 cumulonembi, risulta composito da tre densi e ben distinguibili strati musiqo-gassosi: "Sting Ray and the Beginning of Time" (suddivisa a sua volta in four diversificate sottofrazioni), "Black Sun" (intimista bridge pianofortistico prodromo della gez-catarsi di lì a venire), "Cosmic Tomes for Sleep Walking Lovers" ospitante gli ulteriori e camaleontico/svolazzevoli faiv brandelli.

Fin dalle primigenie avvisaglie e pur non possedendo alcuna astrofi(lo)s[of]ica-eruditzione, gli undiciminutiprimi-e-rotti del primo lapillo incandescente in rassegna lasciano assai più ché soddisfatti (se non totalmente ammaliati) l'incuriosito origliatore: i sofisticati, pindarici, fragorosi e ricchi passaggi arricchenti il melange di affastellati fiati, stratificazioni percussive, ardite tetragonie chitarra/vibrafono/piano/tastiera rappresentano un autentico e possente elisir di lungo ascolto per chi è alla persistente ricerca di (relativamente)nuovi audio-stimoli e soddisfacenti percezioni pentagrammatiche.

La sensazione cagionata dalla compiuta origliaptionem di cotanta opera è quella di trovarsi ad ammirare una appariscente suono-costellazione caratterizzata da altissima densità di ricchezza-esecutiva, accecante forza progettuale et non ultima pregna spettacolarità intrinseca: i più addentro-alla-materiam troveranno (con buona probabilità) velati riferimenti alla Sun Ra (Orchestra) o alle migliori mutazioni/divagazioni Jazz USA-Mittleeuropee, ad ogni modo si aspira (ancorché nello spazio) un'aria "nuova": una folta serie di elementi (contemporanea, jazz, improv., free, psychedèlia, hard-bop et chissà-chè-altro) vengono miracolosamente radùnati (non sovrapposti) e resi squisitamente fruibili. Ciò accade anche quando le partiture s'accidentano peligrosamente [la sferragliante "C.T.F.S.W.L., Part 1" o la pandemoniaca "S.R.A.T.B.O.T. Part 3 (Psycho-Tropic Electric Eel Dream)"]: il risultato non risulta giammai ostico o fine à sé medesimo; per dirla scientificamente: "Le strutture (più fini) non vengono più riconosciute singolarmente. I loro riflessi si mescolano insieme e producono una nuance di colore percepita come omogenea" (ebbravo Kuppers e la Sua teoria della mescolanza ottica: come se la avessi scritta io).

Klassiko disko, insomma, chè piacerebbe un sakko anche à Margherita Hack.

 

* Chicago Underground Duo/Trio/Quartet/Orchestra, Isotope 217, Tigersmilk, Mandarin Movie, Sao Paulo Underground et-(quarteto)cetera

** Rob Mazurek (direzione, cornetta, elettronica); Nicole Mitchell (flauto, voce); Jeb Bishop (trombone); Corey Wilkes (flicorno); Josh Berman (cornetta); Matt Bauder (clarinetto basso, sax tenore); Jeff Parker (chitarra); Jim Baker (piano, tastiere); Jason Adasiewicz (vibrafono); Matt Lux (basso elettrico); Jason Ajemian (contrabbasso); Mike Reed, John Herndon, John McEntire (batteria, percussioni)

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