Si sa, gli Slint hanno fatto due tra i più rivoluzionari album di musica rock. A raccogliere la loro visione tra i tanti ci sono i Rodan di Louisville, che avendo magistralmente capito la lezione, nel 1994 pubblicano "Rusty", loro unico album, grande e fondamentale per la scena post-rock.

L’opera si apre con “Bible Silver Corner”, composta da intrecci di chitarre in stile acustico che ricamano una melodia dolce ma nello stesso tempo inquietante che si collega bene con la seconda “Shiner” che potrebbe sembrare un hardcore a squarciagola ma che a ben vedere non ne ha molto in comune poiché non si ha l’effetto catartico della rabbia che viene liberata, anzi la rabbia rimane dentro e diventa psicologica, e l’esecuzione non è spontanea e immediata ma più calcolata e strutturata così da creare tensione. Perciò questo brano non è altro che l’altra faccia della medaglia del primo. E proprio inquietutine e tensione (ai massimi livelli) sono le parole chiave e le maggiori espressioni dell’album, infatti le tracce seguenti non fanno altro che sintetizzare questi temi; “The Everyday World Of Bodies”, forse il capolavoro, con i suoi undici minuti abbondanti di rallentamenti e accelerazioni, il testo narrato e gridato, le impalcature ritmiche e i dialoghi tra le chitarre non fa altro che creare un senso opprimente di ansia che tira il cervello come una molla fino a tenderlo come una corda di chitarra fin quasi a spezzarlo; le restanti tre canzoni “Jungle Jim”, “Gauge” e “Tooth Fairy Retribution Manifesto” della media di sette minuti ciascuna, continuano a battere queste vie, o meglio sentieri, perché queste canzoni danno l'idea di narrazioni che evolvono e cambiano senza portare a niente se non ad aumentare la paura (molto Kafkiane), come quando ci si perde in un fitto e oscuro bosco senza riuscire ad uscirne tra i versi degli animali, la stessa sensazione.

Forse la miglior cosa che hanno potuto fare i Rodan dopo quest’album è stata sciogliersi, poiché sarebbe stato difficile dare un seguito degno di questo lavoro e anche perché i componenti del gruppo sono andati a formare band importantantissime (si pensi solo ai “June of 44“ del chitarista Jeff Mueller) che hanno comunque reinterpretato l’eredità di questo seminale lavoro. La copertina è splendida anche perché molto significativa, infatti durante l’ascolto vi sentirete proprio come quella farfalla (simbolo di libertà) rinchiusi in una scatola tra fili elettrici e calde luci artificiali, nel disperato tentativo di uscire.

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