Mi introduco al mondo di DeBaser con una specie di 'doppia recensione', nel quale cercherò di esaminare le due facce della (non poi così) emergente medaglia dei signori Rosetta. Il monicker, chissà perchè, mi riconduce a spazi lontani, dimensioni astratte, luccicanti ed irragiungibili... Paradossalmente già dal nome si riesce a comprendere l'obiettivo dei Rosetta, quello di trascinarti di forza, talvolta con un potente pugno nello stomaco o con un irresistibile ed ipnotico flusso emotivo che ti trasporta in paesaggi lontani, da questo pianeta e dalla civiltà...

Affermano che il loro monicker non ha niente a che vedere con la Stele di Rosetta, ma è stato scelto per la sua bellezza, la sua grazia e la sua femminilità. Rosetta però è anche il nome di un satellite usato per studiare le comete e quello di un tipo di orbita e i nostri sono grandissimi appassionati di astronomia... Tanto che, rapiti dai loro riffs acidi, potenti, bastardi e infettati da un lato da quel post-hardcore che tanto li ha influenzati (e parlo dei soliti mostri sacri del genere quali Neurosis e Isis, ai quali poi seguono nomi come Cult Of Luna e cloni vari :P), stavolta però contaminato da digressioni celestiali, riflessive ed ipnotiche che sfociano nel più ispirato space-rock (la band cita tra le loro più grandi influenze gli Stars Of The Lid). I Rosetta sono da molti definiti space-metal, una specie di sottogenere ancor più volto alla sperimentazione e alla psichedelia del già ambiguo quanto mistico ed affascinante post-metal (genere con cui ad ogni modo loro vengono identificati più spesso)

E così sbucano dal nulla con questo The Galilean Satellites, progetto che tendo a non considerare un doppio, perchè si serve della stessa idea dei Tribes Of Neurot, ovvero quella di creare un album e la sua 'versione alternativa' che possono essere perfettamente sovrapposte e ascoltate come un unico disco. Originariamente si era pensato di dare vita ad un solo CD che unisse in un connubio davvero sexy ed irresistibile le due anime (la prima più violenta e diretta, la seconda più riflessiva ed 'inquietante') del loro sound... E' davvero suggestiva l'unione di queste due esperienze e consiglio a tutti di provarla, di dare vita alla vostra 'Combined Version'.

Indubbiamente (anche se non sempre mi accade) la parte che più mi ha colpito, più mi ha lanciato in universi sconosciuti, tra il gelo e la desolazione totale è stata la prima. La prima ed epica parte di The Galilean Satellites non è affatto sempliciotta, scontata e all'insegna della solita e poco appetibile minestrina riscaldata, ma è un prodotto di tutto rispetto, che rapisce l'ascoltatore volente o nolente e lo trascina di forza in un turbinio emotivo di alta qualità. Si apre così la prima traccia dopo una breve intro che oscilla tra l'ambient e il post-rock dalla quale poi scaturisce un impetuoso tappeto di riffs acri sovrastati da una voce possente, estrema, intensa che ti trafigge già dal primo ascolto e non ti abbandona più... Si susseguono così tutte le cinque maestose tracce, dedite ad uno 'sludge atmosferico' sempre pronto a declinare, quando ci vuole, in momenti riflessivi, estatici e ambientali... I pesanti chitarroni si vanno così diluendo con spruzzatine ben collocate di drone e noise e con lunghe parentesi ambientali/post-rock che strizzano l'occhio (ma non troppo) a nientepopodimeno che i sommi Godspeed You! Black Emperor. Spiccano in quest'oceano di ricercata e finissima 'malinconia spaziale', tracce possenti e fascinose come Dèparte e...

Il successivo gioiello di rara bellezza che segue (indubbiamente la mia preferita), Europa, che sin dai primi riffs ti trascina in una dimensione senza speranza, dimensione iperrealistica e toccante che esplode in uno dei finali più catastrofici e devastanti di tutto il platter : sludge, psichedelia e noise (un trio decisamente evocativo) si fondono nella catarsi, nel punto più alto toccato dall'intera opera... E chissà per quanti giorni ancora continuerà ad ossessionarmi le urla disperate e disincantate del più ispirato Michael Armine col suo "The day of the red light pulls me out..."

Di pregevole fattura sono anche i colossi Itinérant e Au Pays Natal, tra cui la prima si concede persino sei minuti di fluido ed ipnotico post-rock ed è un ininterrotto stop and go di furia e riflessioni atmosferiche... 

Sarei stato probabilmente più contento e soddisfatto se i nostri ci avessero lasciato così, con l'esplosiva Au Pays Natal, una traccia che si ergeva a perfetta conclusione e simbolo del loro sound ibrido e maestoso... Ma i nostri hanno voluto 'impreziosire' il materiale del primo disco con altre cinque tracce-rivisitazioni (stessa durata, simili strutture) della prima parte dell'opera in chiave drone/noise/ambient.

A mio parere il secondo disco potevano benissimo risparmiarselo... Purtroppo non aggiunge quasi nulla a tutto ciò che di buono ed avvincente si era visto prima e così ci ritroviamo completamente davanti ad un altro prodotto (l'altra faccia della medaglia di cui avevo parlato all'inizio della recensione), sterile e troppo ambizioso (magari il mio giudizio sarà anche troppo lapidario), che cerca di imitare con sin troppe sbavature i maestri del drone doom quali Earth, Boris, Khanate, Sunn O))) e... ahimè, mi duole dirlo, annoiando l'ascoltatore.

Ma con l'accattivante proposta di dar vita ad una Combined Version i Rosetta riprendono le redini che per un attimo si erano perse, le fila di un discorso che si era bruscamente interrotto e ci inducono persino a rivalutarla questa poco espressiva seconda parte, se fusa all'impeto della prima... Come in una specie di 'puzzle sonoro' si incastrano così fra di loro i tasselli di uno dei migliori tipi di 'post-hardcore atmosferico' (chiamato anche come il sopracitato 'atmospheric sludge metal') e quelli di un'intimista (ma scialbo) drone doom metal noiseggiante e ambientale...

L'opera è terminata, la carne al fuoco era davvero tanta e i nostri (a parte certe cadute di stile nel secondo disco, che comunque qualche spunto interessante lo presenta sempre) sono riusciti a tirar fuori dalla loro navicella spaziale (sotto le mentite spoglie di un cilindro) un prodotto validissimo, intriso di una maturità difficilissima da trovare nel primo album di una di quelle band che rischia di proporre sempre la solita solfa e di una poetica spinta ed ineccepibile... 

Elenco e tracce

01   Départe / Deneb (08:14)

02   Europa / Capella (10:25)

03   Absent / Beta Aquilae (09:45)

04   Itinérant / Ross 128 (16:14)

05   Au Pays Natal / Sol (15:28)

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