So già che quest’album è stato recensito non troppo tempo fa… ma non ho saputo resistere alla tentazione di dire la mia sul capolavoro assoluto dei Rush: quel "2112" uscito giusto un trentennio addietro, eppure così sconcertante da apparire, ancor oggi, futuristico, al di là delle mode e del tempo.
Se è consentito un personalismo, vorrei inoltre dedicare questa recensione a Piuma di Cristallo, che mi accompagna nel cammino, ad Hellas, che mi segue fedelmente, oltre che ai de-recensori Ocram e Bisius, che hanno commentato anche i miei interventi meno efficaci con lo stesso entusiasmo, competenza e grande passione musicale. Ma bando alla ciance.

Volendo fare un paragone cinematografico, che peraltro non stona con le attitudini dei Rush, 2112 sembra un po’ come il monolite di 2001 Odissea nello Spazio, ovvero come il frutto di un’intelligenza ineffabile, che non ha mai può smettere di comunicarci sensazioni, significati ed emozioni: per questi motivi l’album può essere visto come il modello insuperato di molte band cimentatesi con l’hard rock, il prog rock ed il metal nel corso dei decenni successivi, nessuna delle quali ha, tuttavia, saputo cogliere appieno e replicare la dimensione della musica del terzetto di Toronto.

L’album si apre con la titletrack, suite di circa 20 minuti, superficialmente indicata come il punto d’incontro fra Led Zeppelin e Yes, quando essa è, in realtà, molto di più, sia sotto il profilo tecnico che concettuale. Il brano, tratto da una novella di Ayn Rand, è la storia di un giovane vittima di una società totalitaria che scopre, per caso, una vecchia chitarra abbandonata, in un mondo in cui la musica è bandita dai Sacerdoti del Tempio di Syrinx… un inno alla creatività, all’individualismo ed alla ricerca personale della libertà, dalle conclusioni tuttavia tragiche. I riferimenti culturali dei Rush e le tematiche del brano valsero al gruppo alcune accuse di criptofascismo, del tutto abusate ove si osservi come Peart (autore dei testi e principale artefice della direzione culturale del gruppo) può piuttosto definirsi come un radicale libertario, ben distante dai titolitarismi di qualunque colore (è pur vero tuttavia, che la novella da cui è stato tratto il brano allude, implicitamente, al pugno della dittatura sovietica).

Sotto il profilo prettamente musicale, "2112" risulta un pezzo suddiviso in vari movimenti, ognuno dei quali descrive le fasi della novella da cui è tratto il brano: I) l’ “Overture” spiazza l’ascoltatore con un sibilo di synth che porta all’esplosione delle chitarre di Lifeson, mixate in maniera tale da produrre vortici ed echi di riverberi, simboleggianti lo spazio siderale e l’ Altrove in cui si svolge la storia; l’ingresso del basso di Lee e della roboante batteria di Peart conducono ad un turbine di hard rock progressivo che esplode in una deflagrazione finale ed alla quiete apparente che porta al secondo movimento; II) “Temple of Syrinx”, secondo movimento, è uno dei brani che più stanno a cuore agli amanti dei Rush, per le sue ritmiche infuocate, per l’incedere della chitarra dal riff metallico e, soprattutto, per la splendida interpretazione vocale di Lee, i cui acuti ben descrivono il clima della società oppressiva in cui vive il protagonista del brano. Il pezzo, che rivisita gli “stop and go” del blues in chiave aliena e tecnologica, rimane probabilmente il picco qualitativo di un’ intera carriera; III) “Discovery”, terzo movimento, è introdotto da un suono ameno di cascate e corsi d’acqua, e descrive il ritrovamento della chitarra con un capolavoro espressionistico di Lifeson, che, attraverso note incerte, primi delicati arpeggi e progressivo sviluppo delle sonorità della chitarra evoca la potenza creatrice della musica ed il percorso di apprendimento del protagonista: nella parte centrale l’ingresso di basso, voce e batteria sono funzionali a descrivere la continua evoluzione del protagonista, il (ri)nascere della sua individualità fino al momento in cui…

IV) inizia “Presentation”, il quarto movimento dell’album, rock dinamico in cui il protagonista offre la propria chitarra e la propria arte ai Sacerdoti del Tempio, che tuttavia la distruggono. Da notare, in questa fase, l’eccezionale assolo di Lifeson che si diparte dal minuto n. 13.00 del pezzo, per la durata di poche decine di secondi, pezzo di bravura come mai se ne sono sentiti nell’hard rock, per il bilanciamento fra tecnica, melodia ed espressività, cessando con l’ inizio del… V) quinto movimento della suite, “Oracle: The Dream”, in cui il protagonista prende coscienza dell’ineluttabilità del proprio destino e della forza repressiva dei Sacerdoti di Syrinx, che poco gradisce la libertà d’ espressione musicale come summa dell’autonomia dell’individuo. Momento dominato dal canto dolente e disperato di Lee, oltre che dall’esplosivo accompagnamento di Lifeson e Peart, che conduce rapidamente a… . VI) “Soliloquy”, sesto movimento della suite, in cui il protagonista, sempre più chiuso in sé e nella propria disperazione, vede nella morte l’unica via d’uscita da un mondo privo di libertà… VII) finchè nell’apocalittica “Grand Finale”, caratterizzata dai suoni esplosivi di chitarra, basso e batteria, non si giunge alla definitiva repressione, dove il dramma dell’individuo si fonde a quello della collettività: la voce effettata di Peart si chiude con la sinistra evocazione del controllo totale della Federazione Solare.

La seconda parte dell’album, composta da pezzi brevi in cui i Rush sintetizzano il loro approccio soft hard prog alla musica, non appare da meno della precedente suite, avendo, piuttosto, i pregi di una maggior concisione di linguaggio ed efficacia espressiva. "A Passage to Bangkok", dalle influenze orientali ben rese dagli arpeggi di chitarra che introducono il pezzo, è un hard rock in cui svetta su tutti la voce di Lee, tesa a declamare la virtù di un tour oppiaceo fra Bogotà, Katmandou ed, appunto, Bangkok. Ottimi il riff prolungato ed il solo di Lifeson, e sempre inappuntabile l’accompagnamento di Peart. "The Twilight Zone" ha i sapori speziati del mistero, si caratterizza per un uso maggiormente sorvegliato della chitarra, che esegue una pluralità di linee ritmiche e melodiche in reciproco intreccio, oltre che l’interpretazione di Lee, meno aggressiva del solito, pur senza perdere il pathos che caratterizza ogni sua prova. "Lessons" è, invece, un tipico soft hard in cui le strofe sorrette dalla chitarra acustica si alternano alle esplosioni elettriche della band, sorretto da una trascinante melodia: alcuni paragonano il brano a certi pezzi degli Zeppelin, ma è utile osservare le differenze di approccio fra i due gruppi: nel gruppo di Page i ricami soft hard sono funzionali a creare tensione ed enfasi drammatica, ben evidenziata dai toni spesso dolenti di Plant; nei Rush lo stesso schema mira piuttosto allo sfogo del gruppo e per traslato dell’ascoltatore, all’alternarsi di quiete e aggressività, con uno Spannung che avrebbe fatto le fortune di migliaia di gruppi negli anni a venire, specie della NWOBHM, indirettamente debitori del trio di Toronto.

"Tears" è invece una ballad acustica che mira, senza troppe sovrastrutture, alla commozione dell’ascoltatore, sia nei testi che nell’ arrangiamento: la missione può dirsi riuscita sul piano prettamente espressivo, trattandosi dell’ennesimo pezzo ben eseguito da tutto il gruppo, sebbene sul piano musicale il pezzo sia forse il più debole dell’album, troppo debitore di schemi già tracciati da tutti i gruppi rock. La conclusiva "Something For Nothing" è il manifesto del gruppo e, a mio parere, il capolavoro dei Rush sui brani di breve durata: eccezionale il testo, in cui si esorta l’individuo ad impadronirsi del proprio destino e non farsi schiacciare da chicchessia, fondendo emozioni e ragione nella ricerca della propria perfettibilità, ed altrettanto rimarchevole l’esecuzione del brano: riff e soli di chitarra di straordinaria pulizia ed impatto, accompagnamento di basso e voce di livello superiore, batteria estremamente dinamica che non si limita a seguire od assecondare gli altri strumenti, ma li guida in una cavalcata sonora che rappresenta la quintessenza del suono Rush ed il meglio della musica anni ’70, sperando che ciò non sembri sacrilego.

Non do voto all’album perché commensurarlo e graduarlo sarebbe inutile, chi mi ha seguito sin qui, o, semplicemente, chi conosce i Rush, ben intende quanto penso. Tutti gli altri provino a sentirlo, non dovrebbero pentirsi.

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