Amaro ma veritiero, ricco e mai stancante alla lettura, crudo eppure intenso, Ebano è probabilmente una fra le migliori analisi storico-antropologiche in forma romanzata dell'Africa scritte da un giornalista-reporter, appositamente spedito nel cuore delle tenebre del Continente Nero per registrarne il dettaglio più nascosto e recondito. Strutturato secondo una manciata di capitoli-digressioni concernenti singoli stati e/o territori comuni, l'opera brilla per il suo particolarissimo e raffinatissimo approccio realista iscritto dentro una biografia del tutto privo di stereotipi, luoghi comuni, favolette, suggestioni e immaginazioni di massa che probabilmente sarebbero responsabili di una minore qualità e di un maggiore distacco dai fatti.

Ebano è una sorta di compendio dell'Africa post coloniale, una serie di riflessioni sul processo di decolonizzazione fra i Sessanta e i Settanta e sulle nefaste conseguenze dovute all'abbandono degli ultimi vessilli europei nelle lande sub-sahariane. In quanto reporter in terra africana dell'agenzia di stampa polacca PAP Kapuscinski compie un viaggio effettivo ma anche mentale e ideologico - a mo' di flashback storico - in quelli che prima erano i possedimenti del dominatore bianco, un viaggio che invece di limitarsi a porzioni settoriali del Continente o secondo schemi argomentativi e/o tematici abbraccia il topos africano in un grandioso compendio di avvenimenti, sensazioni e suggestioni personali, credenze, folklore, clima, vicende locali e/o atipiche e curiose, ma anche di speranze e di preghiere per un futuro migliore che forse mai verrà. L'approccio dell'autore con le diverse culture africane è quanto mai unico nel suo genere: dimostrando una vivida sensibilità antropologico-mentale - piuttosto "bizzarra" per un reporter-giornalista europeo, per giunta figlio di un contesto che tendeva a flirtare le aberranti teorie razziste-colonialiste sulla superiorità dell'individuo bianco sul collega "nero" - Kapuscinski si addentra in qualsiasi ambiente e stato in cui si trovi a operare senza rifuggire e disdegnare il patrimonio umano locale, abbattendo le fasulle barriere della società occidentale di fronte al barbaro, costruendo ovunque legami di amicizia e fratellanza, arrivando persino ad adattarsi - seppur faticosamente - alle asperità climatiche delle fasce desertiche e tropicali (encomiabili, solo per citarne qualcuno, la sua tenace resistenza al calore insopportabile delle dune e delle metropoli sub-tropicali e alla cronica mancanza di cibo e soprattutto di acqua)

L'Africa post-coloniale di Kapuscinski, benché analizzata senza luoghi comuni, sentimenti di disprezzo e fantasticherie da almanacco, è purtroppo un immenso calderone di povertà, carestie, arretratezza economica, guerre civili, pogrom, massacri e flussi dittatoriali senza fine; dal Ruanda alla Liberia, passando per Etiopia, Eritrea, Somalia e Sahel, il "cuore di tenebra" conradiano, appena liberato dal giogo europeo, è incapace di risollevarsi e di costruire sistemi economici, politici e sociali filodemocratici e rispettosi dei diritti umani. Le grandi metropoli africane sono peraltro il fulcro delle sofferenze del popolo africano, abbandonato da ex dominatori che tuttavia continuano a considerare i loro antichi possedimenti come premi in palio di giochi pseudo diplomatici sopra un immenso scacchiere di iniquità, interessi arbitrari e subdoli traffici: bombardate da eserciti personali e para eserciti rivoluzionari, le vie colme di cadaveri, di mendicanti e di ladruncoli, a volte persino impenetrabili e inaccessibili dall'esterno, città come Asmara, Zanzibar, Kigali, Kampala e Monrovia, isole e porti (in)felici fra un deserto e/o una foresta e l'altra/o, rappresentano lo specchio di una continente fra i più ricchi e preziosi del globo malvagiamente lacerati dalla fame lupina dell'Uomo pseudo-superiore e dai suoi sicari e mercenari.

Eppure, in mezzo a cotanta rovina, l'Africa delle Mille e una Cultura risuona di tesori inestimabili celati nel cuore delle metropoli dilaniate e, soprattutto, nell'inospitalità dei torridi climi desertici e tropicali. La penna di Kapuscinski è difatti abilissima nel far percepire al lettore i colori e i sapori del folklore locale, dei coloratissimi mercati di spezie e vivande, di quella frugalità e semplicità uniche e magiche nel loro genere. L'esemplificazione meglion riuscita di quest'Africa sterminata e invidiabile risiede nella tratta ferroviaria che il reporter compie da Dakar a Bamako, capitale del Mali. Durante il viaggio, lungo e faticoso, spicca la figura della francofona Madame Diuf che ad ogni fermata si approvvigiona di alimenti e quant'altro dai venditori ambulanti accorsi a frotte davanti i vagoni sino a riempire di merce lo scompartimento, perfetta metafora della curiosità dell'europeo di fronte all'inestimabile patrimonio del Continente Nero.

Corposo, denso, approfondito e mai noioso e dispersivo, Ebano è frutto di una mente "europea" schiusa e disponibile di fronte alle paventate tenebre subshariane, di un reporter capace di impressionare con una prosa vivida e nel contempo semplice il lettore spesso e volentieri surclassato da luoghi comuni, leggende metropolitane, storielle da cattiva antologia e favolette di massa.

Carico i commenti... con calma