Non pretendo di aggiungere altro rispetto a ciò che Bartle ha scritto riguardo quest’opera di metallo oscuro. Solo uno spassionato tributo da parte di chi, ormai da qualche anno, è completamente in palla per i Vitus e per tutta quella genia di bands alla moviola.

Partiamo dal presupposto che dischi come "Born Too Late" rimangono, senza ombra di dubbio, pietre angolari nella storia del Doom Metal, e non solo, ma il debutto di questi folli americani va comunque ascoltato e assaporato fino alla nausea.

Nati nel 1979 come band ispirata dall'hard rock più lento (Black Sabbath e Blue Cheer su tutti) e da certo punk/hardcore in stile Black Flag, il gruppo capitanato dall'allora cantante Scott Reagers, decise di cambiare nome da Tyrant a Saint Vitus. La scelta non fu casuale: la band, nonostante i kg. di droga che assumeva e penso tutt'oggi assuma, era animata da una visione "cristianeggiante" o comunque anti-satanista dell'Heavy Rock. Potenti e selvaggi sì, ma distanti anni luce dalle tematiche caratteristiche di Venom e Mercyful Fate.

Con qualche quattrino e un sacco di idee i nostri pubblicarono nel 1984 questo loro omonimo album.

Apre le danze di "Saint Vitus" proprio la title track ed è subito un tripudio di chitarre acide e stridenti, condite con una voce che sa graffiare lasciando il segno. Un brano dedicato al martire San Vito, protettore dei musicisti, tanto è vero che nel ritornello viene fieramente ripetuto il nome del giovane cristiano ucciso nel 303 a causa della sua incrollabile fede. Segue, dopo la travolgente traccia esaminata, un brano che non si distanzia poi molto dalle tematiche precedentemente trattate: “White Magic, Black Magic”. Altro stupendo pezzo Doom influenzato dalla tenebrosa anima di Tony Iommi e soci.

Tuttavia, nell’economia generale di questo disco, segnalerei le ultime due canzoni: “The Psychopath” e “Burial at Sea”. Qui ci troviamo di fronte a un Hard-Doom dilatato oltre ogni immaginazione, psicotico, nervoso, opprimente e cronologicamente interminabile. Qualcosa di simile, come già scritto, può essere riscontrato negli ultimi brani di “My War” dei Black Flag ma, in questo caso, è l’orrore zombizzante a dettar legge e a farci tremare. Queste due tracce valgono da sole l’acquisto o comunque l’ascolto accanito di “Saint Vitus”.

Opera nera e monolitica come non ne verranno mai più scritte dai nostri (in “Born Too Late”, per esempio, oltre al cantante cambiano in parte le sonorità e certamente la produzione), opera che fa tremare le nostre case come l’avanzata di un Panzer. E ricordate: sono passati ben trentuno anni dall’uscita di questo disco. A parte Henry Rollins, infatti, nessuno avrebbe ai tempi scommesso sui losangeliani più pachidermici della storia del rock‘n’roll!

Elenco tracce e testi

01   Saint Vitus (04:44)

02   White Magic/Black Magic (05:25)

03   Zombie Hunger (07:15)

04   The Psychopath (09:21)

05   Burial at Sea (08:34)

06   War Is Our Destiny (04:08)

07   White Stallions (05:24)

White Stallions
(Chandler)

yesterday I saw my face
pictured in the sky
as I gazed upon myself
my whole life flashed by
I heard the sound of hoofbeats
from a thousand angry mares
before I could control my thoughts
my inner soul was theirs

white stallions
in my vein
white stallions
lord stop me
before I go insane

took me to the promised land
where everything is free
looked around and saw my friends
laughing loud at me
a great stone wall divided us
on their side was a dance
on my side was endless torture
guess I blew my chance

only time can ease the pain
the stallions left behind
tiny hoofprints on my arm
strung out in a line
wish that I could start again
and change my evil ways
trapped upon the stallion's back
'till my dying days

08   Mystic Lady (07:42)

09   Hallow's Victim (02:43)

10   The Sadist (03:59)

11   Just Friends (Empty Love) (05:45)

12   Prayer for the (M)asses (05:22)

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