Esistono sonorità che hanno il potere di trasportare l'ascoltatore attraverso una specie di dimensione particolare della coscienza. E' il 1971 e la band di Carlos Santana da vita a questo terzo album intitolato semplicemente "Santana III". Alle loro spalle ci sono già il travolgente debutto, nato direttamente dalle atmosfere di Woodstock, e il magnifico "Abraxas", nel quale pezzi come "Samba Pa Ti", "Black Magic Woman", "Oye Como Va", avevano definito l'originalissimo mix di rock-blues, ritmi latini e psichedelia, che in questa terza prova si consolidano dando vita a quello che, a mio avviso, rimane il capolavoro del chitarrista messicano.
Ricordo ancora quando mio padre mi faceva ascoltare questo disco, e io, ancora ragazzino, rimanevo affascinato da questo misto di spiritualità e sensualità e me lo riascoltavo continuamente mentre mi divertivo a costruire modellini di navi, sognando viaggi in terre esotiche e lontane... Ma non si trattava solo di questo, erano sensazioni più profonde e complesse. Perché in tutto l'album è presente quello che io definisco uno "sfondo cosmico", come la bellissima copertina fatta di umanoidi, pianeti, nebulose e paesaggi primordiali. Come sempre sostengo, la capacità di "oggettivare" le sensazioni da origine sempre ad opere nelle quali l'espressività è al massimo livello, e nel caso di questo album è straordinaria la sua capacità di fondere sensazioni puramente oniriche e spirituali ad altre estremamente terrene; è come se due aspetti dell'esistenza diametralmente opposti si fossero magicamente fusi. Le percussioni con cui si apre il disco, sembrano far provenire "Batuka" dalle origini del mondo; il pezzo cresce con l'entrata della batteria e, in maniera altrettanto naturale, si dissolve per fondersi con "No One To Depend On" primo singolo di grande successo. Sono delle stupende progressioni, che dominano il terzo brano. Pezzo imprescindibile, la cosmica "Taboo" ha una potenza spirituale e una intensità rare persino negli altri vertici di Santana. Questo pezzo mi ha fatto letteralmente sognare e "vedere" isole lontane, non so, gli arcipelaghi e gli atolli della Micronesia dove si sono combattuti all'ultimo sangue Americani e Giapponesi... Segue la tumultuosa salsa di "Toussaint l'Overture", vera e propria battaglia sonora combattuta con i micidiali assoli di Carlos e le vette raggiunte dall'organo di Gregg Rolie, con cui si chiude la prima parte ideale dell'album. (e nella versione originale la prima facciata).
Si riparte in maniera grandiosa con la pura gioia e il divertimento del travolgente R&B di "Everybody's Everything, a cui fa seguito però l'atmosfera velatamente triste di "Guajira", in cui gli assoli scultorei di Carlos si fondono con la ritmica, i fiati e un piano vagamente jazz. Ma il lato misterioso e seducente del disco riemerge in "Jungle Strut" in cui ritorna protagonista il più puro stile di Santana. C'è qualcosa di sconcertante in "Everything's Coming Our Way; Similmente a quanto detto a proposito di "Taboo", qui la chitarra acustica fa letteralmente prendere il volo al pezzo; non c'è dubbio, l'organo di Rolie ci dice che siamo in volo su un aereo, in alto, sopra le nubi, dove non ci sono turbolenze, illuminati dai riflessi del sole all'alba sulle ali... Ma dobbiamo tornare sulla Terra degli uomini e "Para Los Rumberos" ce lo ricorda con una tromba che svolazza allegra su un ritmo travolgente, chiudendo un opera che parla da regioni dello spirito ancora insondate.
Carico i commenti... con calma