Completo il mio tributo al grande chitarrista palermitano con la recensione della sua opera prima, concepita nella prima metà degli anni '70 una volta realizzato che la sua strada nella vita non era quella di continuare a fissare la sua immagine nella pellicola come già avvenuto in: "Sotto il segno dello Scorpione" e "Orgonauti, evviva!", e finalmente venuta alla luce nel 1975 anche se pubblicata solo l'anno successivo.
Per "L'Attesa" Saro Liotta s'avvale della collaborazione del percussionista brasiliano Nanà Vasconcelos ed il bassista torinese Mario Scotti che figurano entrambi in svariate collaborazioni con i più celebri artisti e cantanti di almeno tre decadi fra la fine del millennio e l'inizio dell'attuale, musicisti di sicuro talento purtroppo già da tempo prematuramente scomparsi; ciò nonostante Saro compone tutte le musiche e diciamo pure recita un ruolo preminente in ogni brano.
Non è facile inquadrare "L'Attesa", album interamente strumentale, in un genere specifico tale è la varietà musicale dei brani in esso contenuti per esempio l'esordio "Nanà" oltre ad essere un evidente omaggio al compagno di viaggio e al suo paese d'origine, finisce per essere sostanzialmente un movimento etnico, mentre il successivo "Siciliana" è una poesia che ricorda molto, ma molto da vicino (al limite del palgio.....) un celeberrimo brano di musica classica d'autore ignoto del XIX secolo: "Giochi Proibiti" che tutti avrete certamente ascoltato nell'interpretazione di Narciso Yepes come colonna sonora dell'omonimo film del 1952, di sicuro noto al nostro caro Saro, che finalmente dice la sua in "Buscaci" dove emergono appieno le sue qualità di compositore ed esecutore d'assoluto talento della chitarra acustica. La prima facciata del vinile si chiude con un brano meditativo quale: "L'Hotel dei Cavalieri" che bisticciando col titolo rappresenta uno dei cavalli di battaglia dell'autore visto che lo ha poi riproposto in ogni raccolta successiva e magari rievoca il celebre albergo milanese che lo ha visto ospite in quegli anni ruggenti. Segue poi e giusto per non farci mancare niente e coerentemente con quanto anticipato sulla varietà dei generi: "Blues per un mattino d'estate".
Anche la seconda facciata parte bella mossa con una gradevole marcia in onore del "Re che arriva" e finisce per ricordare una ballata dell'West e giusto giusto per rimanere nel continente nuovo si passa poi all'"Omaggio a Baden-Powell" che non è un musicista statunitense, ma il generale fondatore del movimento scautista nel quale viene facile pensare Liotta ragazzo fosse arruolato. Molto gradevoli anche i brani successivi che confermano le qualità e il genere specifico dell'autore che verrà in seguito ampliato nel capolavoro: "La Seduzione" in uscita di lì a un paio d'anni; fra essi mi limito a segnalare il finale: "Incontro" con lo sfacciato uso di berimbau (Nanà) e sitar (Liotta), giusto per ricordarci che il nostro eroe seguì la moda dell'epoca d'andarsi a fare un "trip" in India dove peraltro ha evidentemente appreso l'arte dal maestro Apurba Choudury.
Va rilevato infine come la qualità sonora della produzione sia eccellente e lo sottolineo in considerazione della povertà dei mezzi di cui Saro disponeva, come deduco facilemte dal fatto che gli strumenti per la verità non molti e certamente ad esclusione della chitarra acustica, sono stati prestati ai musicisti da tal Paul Kler.............Questo mi fa pensare che il vinile che maneggio sia uno dei relativamente pochi prodotti e pochissimi sopravvissuti, perciò me lo terrò ben stretto visto il congruo giudizio che gli attribuisco, che risente parecchio (per difetto) di quello che ho già attribuito, in precedenza, a "La Seduzione".
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