Qualche mese fa, Matthew Wright, un critico musicale, ha pubblicato una biografia (non autorizzata) su Seasick Steve, intitolata, 'Seasick Steve: Ramblin' Man'. Nella pratica i contenuti della biografia ricostruiscono la vita di Seasick Steve, nato Steven Gene Wold, stravolgendo in qualche modo quello che sapevamo di lui e raccontando la storia che Wright pretende essere 'originale', vera e persino documentata. Tra le varie cose, per esempio, secondo Wright Steve sarebbe nato nel 1951 e non nel 1941; prima del suo matrimonio nel 1982 era noto come 'Steve Leach' e era stato il bassista del gruppo fusion Shanti, con il quale aveva lavorato e vissuto assieme in una casa comune a Orange County durante l'inizio degli anni settanta, eccetera, eccetera.

Che io sappia Steve non ha rilasciato nessuna dichiarazione nel merito di questa biografia, che in pratica non parla solo della corrente attività di Steve come musicista, ma ne ricostruisce anche la vita, smantellando tuttavia tutto quello che finora Steve aveva detto di avere fatto nel corso della sua esistenza.

Non saprei esattamente cosa dire nel merito. Non ho letto la biografia e non credo proprio che lo farò. Sicuramente suona un po' strano e deve essere stato veramente difficile riuscire a realizzare e pubblicare una biografia di qualcuno che ha lasciato casa all'età di 13 anni e da allora ha praticamente svolto una vita libera e selvaggia lungo le strade del Tennessee e del Mississippi e poi in giro per tutti gli Stati Uniti, viaggiando saltando di treno in treno, lavorando i campi qua e là per tirare su qualche soldo, oppure alle fiere come cowboy. Steve ha vissuto come un hobo da quando aveva tredici e fino agli anni ottanta, quando a Olympia (vicino Seattle) cominciò a lavorare come musicista e tecnico del suono. Ha fatto questo per circa vent'anni e poi ha ricominciato a girare e questa volta in Europa, doveva viveva suonando sotto le stazioni delle metropolitane, fino a raggiungere la Norvegia nel 2001 e pubblicare il suo primo disco, 'Cheap', con la band The Level Devils.

Quello che è scritto su questa biografia in pratica racconta una storia completamente differente da quella che è stata finora raccontata da Steve e, quando gli eventi potrebbero coincidere, c'è in ogni caso un mucchio di confusione per quello che riguarda le date oppure i posti. Ci si può quindi interrogare su quale sia lo scopo di una biografia di questo tipo. Che intenti aveva Matthew Wright? Che del resto è un fan dichiarato di Steve e della sua musica. Non penso quindi volesse presentarcelo come un truffatore, un impostore o come qualcuno che sia abituato semplicemente a mentire. Neppure ritengo volesse dire che Steve sia in verità così vecchio da non ricordare semplicemente come siano andate veramente le cose nel corso della sua vita.

Il fatto comunque è che sono convinto che Steve non negherà mai nessuno dei contenuti della biografia in questione. Perché dovrebbe del resto. Non penso che gli importi particolarmente di quello che è scritto sul libro e se questo sia diverso da quanto abbia lui raccontato precedente. Forse i contenuti della biografia di Matthew Wright costituiscono quella che potremmo definire come 'fiction', finzione. Magari invece è lo stesso Seasick Steve a essere in qualche modo un personaggio da fiction. Non penso che egli disdegnerebbe questa definizione, e che non vuole presentarlo come qualche cosa di falso o di poco credibile. Il fatto è che lui è Seasick Steve. Voglio dire esattamente questo. Ha viaggiato nel corso della sua vita attraverso gli interi USA, dalla California al Mississippi fino al Tennessee e suona questa musica country-blues con queste sue chitarre costruite con quelli che potremmo definire avanzi di prodotti di consumo e consumate dal tempo, strumenti che a volte ritiene abbiano dei poteri sovrannaturali, ma che d'altronde non potranno mai e poi mai salvarlo dal suo mal di mare. Fiction oppure no, tutte queste cose lo rendono in ogni caso un personaggio degno di interesse e sul quale, be', probabilmente vale in ogni caso la pena scrivere o tentare di scrivere una biografia.

Che poi questo libro è uscito qualche mese fa e praticamente poco prima della pubblicazione dell'ottavo disco in studio di Steve, quindi in qualche modo forse gli ha anche fatto un po' di pubblicità e allora va bene così. 'Keepin' the Horse Between Me And The Gound' è il nuovo disco di Steve e uscito in ottobre per la sua etichetta, There's a Dead Skunk Records, ed è quello che potremmo definire un doppio album, diviso in due parti e composte entrambe da dieci canzoni a testa, e che effettivamente hanno contenuti differenti e sebbene condividano quello che possiamo definire lo stile hobo che ha reso Steve celebre, si distinguono anche per le diverse sonorità proposte.

Penso che potremmo definire la prima parte come un disco di musica blues elettrica. Steve ha descritto il suo disco come un omaggio alla voglia di vivere e mantenersi sempre forti, una forza che si sente in questa prima parte dove sono contenute canzoni elettriche, boogie, blues, rock e americana in uno stile che potrebbe ricordare quello dei suoi lavori precedenti da 'Dog House Music' a 'Sonic Soul Surfer' (uscito solo lo scorso anno su Caroline International e Bronze Rat Records). Dall'heavy, electric blues di 'Keepin' The Horse Between Me And The Ground', cantato con una voce che potremmo definire 'grattugiata', al talking blues di 'Bullseye' (che potrebbe ricordare alcune canzoni di Stan Ridgway) e il blues 'Walkin' Blues', nello stile di John Lee Hooker' e con la chitarra elettrica che alla fine risuona forte negli amplificatori fino a spaccare le orecchie; da momenti più riflessivi come 'What A Thang', che paga omaggio alla tradizione immortale del Mississippi, al boogie elettrico di 'Don't Take It Away', alle ballate folk dal sapore jazz e accompagnate dal suono dei violini, 'Grass Is Greener' e 'Lonely Road'. Sostanziamente potremmo dire che questa prima parte di questo nuovo lavoro non mostra nulla di nuovo per quello che riguarda il sound di Seasick Steve. Al contrario, se vogliamo essere onesti, nel complesso le canzoni appaiono più deboli che in passato. Forse Steve è meno ispirato, forse ha voluto tentare qualcosa di diverso (vedi le ballate folk di cui prima), o forse semplicemente fare un doppio album è come sempre un'impresa ardua, perché, cazzo, non penso che sia poi tanto facile mettere assieme venti canzoni tutte dello stesso livello.

Però ci sono elementi interessanti e in parte sorprendenti nella seconda parte, che ci mostra uno Steve inedito e diverso da tutto quello che finora ci ha fatto sentire questo pazzo bluesman hobo. Immergendo se stesso in una dimensione anche più 'bucolica', se vogliamo, e scavando nella tradizione della musica americana, coverizzando John Hartford ('Gentle On My Mind'), Fred Neil ('Everybody's Talking'), Arthur Lee ('Signed D.C.') e la superclassica 'I'm So Lonesome' di Hank Williams, e con l'aggiunta di suoi sei brani originali, Steve realizza in questa seconda parte una sua personale rivisitazione della musica folk americana e in cui il migliori episodi, 'Hard Knocks' e 'Ride', ricordano rispettivamente lo stile del Bruce Springsteen acustico e quello di uno dei migliori scrittori di canzoni contemporanei, Bill Callahan.

Steve mi piace un sacco. Voglio dire, lo trovo semplicemente fantastico: è una persona veramente simpatica e con una sua personalità sicuramente particolare ed eccentrica. Mai e poi mai vorrei dare un voto basso a un suo qualsiasi lavoro, ma d'altro canto non posso che considerare questo doppio disco come un lavoro poco più che discreto. Soprattutto se facciamo un confronto con quelli che sono stati gli altri episodi della sua discografia. Posso comunque dire che la seconda parte di 'Keepin' The Horse Between Me And The Ground' apre un possibile scenario futuro interessante per quello che a questo punto potremmo anche definire come un vero e proprio cantautore. Un cantautore hobo. In questo senso, mi domando che senso abbia scrivere oppure tentare di scrivere una sua biografia. Steve stesso ha detto di se stesso, 'Gli hobo sono persone che si spostano in cerca lavoro, i barboni sono persone che si spostano, ma non cercano lavoro, gli scansafatiche invece non si spostano e non lavorano. Io credo di essere stato tutte e tre le cose.' Insomma, se volete scrivere una sua biografia, fate così: seguite le sue impronte lungo le strade sabbiose del continente nordamericano e il gioco è fatto.

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