Stà arrivando l'estate, il caldo, l'afa. E' in procinto di sopraffarci quell'insopportabile sensazione di calura che ci attanaglierà per mesi. Lì vedo tutti lì seduti sulle panchine ad "afferrare" al volo l'ultima goccia del gelato che si sciogle, pronti la mattina per andare al mare e godersi la tintarella. Io vado in controtendenza, remo al contrario e forse è a causa del delicato periodo che sto passando che invece di godermi il sole (che poi io tutto sto sole neanche lo vedo...) e "ripasso" dischi che significano molto per me. Quei lavori sofferti che metti nello stereo proprio dopo una sera d'estate passata con gli amici...
In queste situazioni mi trovo a rivivere il passato, a riascoltare cd ormai impolverati e che pure avevavano accompagnato gli anni trascorsi. Dopo averlo ritrovato, in un angolo (nei bassifondi o sui sentieri dove corrono le fate), "Beyond The Crimson Horizon" mi ha aperto una nuova via, in un certo senso mi ha donato una carica positiva che paradossalmente è una delle cose più improbabili da provare per un album di doom. Eppure nonostante tutto, questo cd è uno dei pochi del genere che riesce a risollevarmi nelle tipiche giornate no.
La carica positiva che sprigiona questo disco è dovuta soprattutto alla capacità dei cinque texani di elaborare un doom del tutto personale, che sebbene si basi sui concetti tipici del genere ha un atteggiamento decisamente più propositivo e meno decadente di altre proposte musicali. Beyond the crimson horizon è proprio il tipico album doom, poco depressivo, che non si muove su chitarre lentissime e growl, ma che lascia all'ascoltatore una parvenza di speranza. Il cantato pulito di Robert Lowe aiuta sicuramente moltissimo in questo senso, sfornando una prova canora di grande rilievo. Questo è un album di doom/heavy classic quindi non aspettatevi contaminazioni di vario genere:chitarra, batteria, basso, voce. Niente di più e niente di meno.
I Solitude Aeturnus hanno dato vita ad un lavoro poco "esistenzialista", meno cervellotico e sofferto sia nei confronti del precedente "Into the depths of sorrow", sia nei confronti di altri gruppi doom. Non abbiamo infatti la teatrale drammaticità dei My Dying Bride, non si ascoltano le gotiche influenze dei Paradise Lost e, in un certo senso, la band originaria del Texas si allontana anche dai maestri Candlemass. Le tracce, infatti, sono dirette e meno epiche delle composizioni del gruppo svedese. Ascoltare per credere "Black Castle" dal ritmo possente che fa il verso ai Metallica di "And Justice For All". Inoltre rispetto al primo album la band, che non ha subito cambi di line up, si dimostra più coesa e il lavoro ne risente. Anche i suoni risultano migliori, il sound più corposo e tutto contribuisce a confezionare un grande esempio di doom metal. Un disco in cui emergono l'oscura "It Came Upon One Night", grazie al suo nebbioso e tremolante inizio, mentre con "Beneath The Fading Sun" la band ci mostra il suo lato più intimista. Beyond the crimson horizon si conclude con il suo manifesto: "Beyond" è l'essenza del doom. Finalmente chitarre lente e oppressive che schiacciano con la loro pesantezza l'ascoltatore, arrivato ormai alla fine del viaggio.
To be continued...
1. "Seeds Of The Desolate" (6:30)
2. "Black Castle" (4:08)
3. "The Final Sin" (5:41)
4. "It Came Upon One Night" (6:58)
5. "The Hourglass" (5:16)
6. "Beneath The Fading Sun" (4:25)
7. "Plague Of Procreation" (6:27)
8. "Beyond" (4:01)
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