Il momento di scagliare la prima pietra è finalmente giunto! Coloro che li hanno sempre odiati e bestemmiati ora possono massacrarli e torturarli anche qui su DeBaser! Per tutti gli altri sarà una buona occasione per conoscere un disco che ha i suoi buoni passaggi e le sue cadute, un disco di "volgare" musica pop, vendutissimo ma non per questo eccellente. Il gruppo d'altronde non può certo avere la presunzione di locarsi tra i "grandi" degli anni 80 e l'insolita competizione che i giornalisti vedevano tra i Duran Duran e gli Spandau Ballet per me è stata solo una gran cazzata, visto che i primi erano tutta un'altra cosa, ben più dotati e capaci dei secondi. Sì, gli Spandau possono invece avere di diritto un posto tra i più bravi bellocci dell'era Thatcher, questo sì. Non è che li salvi dall'abisso, ma almeno li fa sembrare un po' meno di merda. Si salva qualcosa? Per quanto mi riguarda il loro "True" merita di vivere. In cosa consiste "True"? Sono 8 canzoncine pop messe in fila, per un piacevole ascolto di 40 minuti, in cui si ascoltano diverse cosine interessanti. Premetto che la band non era alla sua prima fatica ma si era fatta una gavetta di due anni in cui hanno fatto uscire due album presuntuosi e tutt'altro che esaltanti (fatto salvo per il singolo d'esordio, "To cut a long stroy short", che mi è sempre piaciuto). Nel 1983 (dopo essersi formati nel 1979) il gruppo giunge a una significativa svolta, che coinciderà col cambio di produttore e il cambio d'immagine. Da giovani belli e dannati, attillati e macho, sempre con qualche parte scoperta, si trasformano in cinque giovanotti eleganti e di classe, con le giacche e le scarpe nere e i capelli un po' a posto. Il risultato è anche un cambio di sound, che li porterà più lontano dalla new wave che ne accompagnò i natali in favore di un pop raffinato e senza pretese. A porre firma a tutti i brani, come i due album precedenti, è sempre Gary Kemp, chitarrista e autore di tutti i bran Spandau fuorché uno. Il disco comincia con "Pleasure", convenzionale canzone pop come se ne sentivano molte negli 80s, caratterizzata dalle percussioni leggere ma perennemente sullo sfondo (caratteristica di tutto il disco) e dalla voce sicuramente importante di Tony Hadley, molto più sicuro dopo i primi album. Il secondo brano "Communication" è anche stato il primo singolo ed è il brano che testimonia il cambio di rotta della band britannica. Facendo leva su un ritornello molto orecchiabile e un video, per l'epoca, di alta qualità la canzone riuscì a sfondare e far consacrare il gruppo anche fuori dalla terra natia. Il disco prosegue col mid-tempo "Code of love" che considero uno dei passaggi più interessanti del LP, con diversi punti "alti" e spunti di classe. La produzione di Tony Swain e Steve Jolley, i due produttori più "in" dei primi 80 in questi casi ha molto aiutato i 5 ragazzi a creare un proprio sound e a renderlo loro marchio di fabbrica, perfettamente sunto in "Code of love". In seguito si presenta la ballabile e orecchiabilissima "Gold" (ci ricordiamo tutti quel intro in crescendo) che raggiunge vette ancora più alte di "Communication" per quanto riguarda la hit parade e in sostanza solleva il morale dell'album che alla lunga poteva risultare un po' monotono, seppur piacevole. Si fanno notare inoltre gli assoli di sax di Steve Norman, che da quest'album in poi sarà l'ancia del gruppo. Il lato B parte con "Lifeline", terzo singolo e brano molto brioso, con quel ritornello che non esce dalla testa e quei coretti che sì, in effetti, possono anche starci. In seguito si presenta "Heaven is a secret", inciampone del disco che si riassume in una formula simile a quella di "Lifeline" ma meno esplosiva e meno contagiosa. Da nota positiva invece gli arrangiamenti che strizzano un occhio al soul. Penultima tappa prima del botto finale è la veloce "Foundation", sospesa tra un rock che non riesce a essere e a dei rigurgiti new wave degli anni che furono. Un bel passaggio per giungere alla title track, la più conosciuta del gruppo e loro emblema, loro unico capolavoro, di moda ancora oggi. Hadley non sbaglia un colpo e si rivela, forse per la prima volta, un cantante di gran talento e di gran classe. I coretti e gli arpeggi di piano in sottofondo sono più che utili nel creare un'atmosfera molto soul ma anche molto new wave e ballad all'unisono. L'assolo di sax eseguito da Norman è sicuramente uno dei più conosciuti della musica pop internazionale e degli anni 80 in genere, anni in cui il sax riusciva a trasformare anche una canzone idiotissima in una grande canzone. Ciò ovviamente non vale per True, che di idiota non ha proprio nulla, ma quell'assolo... quell'assolo E' True. Punto. Fine del disco, fine delle canzoncine. Che tanta spensieratezza faccia male in fondo? Non so. So che ascolto volentieri tanti dischi diversi tra loro e che alcuni sono capolavori, altri solo lavori onesti. True non è un capolavoro. Ma è un bel disco, forse l'unico degli Spandau che vada oltre alla piena sufficienza e che riesce a catturare l'attenzione non per delle tamarrate ma per della buona musica. Che dopo gli Spandau si fossero rigettati nella merda questa è un'altra storia. Ma a volte vale anche la pena di fermare il tempo. Seppur per soli 40 minuti...

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