L'album d'esordio degli Starfucker, ormai rientrati a pieno titolo tra i miei "pallini" musicali, è il classico disco ancora troppo acerbo per poter esprimere valutazioni nette, un lavoro che mostra già un ottimo senso della melodia e le grandi doti di stile e personalità un po' eccentrica e non facilmente definibile che caratterizzeranno il gruppo negli anni successivi, ma "Starfucker" del 2008 non ha ancora un'identità ben definita, a tratti risultà leggermente confuso e aleatorio, si destreggia tra new wave e psichedelia esprimendo suluzioni che saranno rielaborate con più maturità ed efficacia nell'ultimo album "Miracle Mile". Tuttavia, non passa nemmeno un anno dalla sua pubblicazione ed il gruppo capitanato da Joshua Hodges se ne esce con un EP; già, un mini-album composto da cinque inediti, un breve strumentale, una cover e un remix. Semplice operazione per arrotondare un po' i guadagni in attesa di un secondo album, verrebbe da pensare, ed invece "Jupiter" si rivela essere una gradevolissima sorpresa.
Se "Reptilians" trova il suo punto di forza in atmosfere aliene e crepuscolari e "Miracle Mile" in un tourbillon multicolore di psichedelia 60's e new-wave 80's riadattate per i 10's, dal canto suo il fratello minore "Jupiter" ha la sua carta vincente nel groove e nell'immediatezza, in questo EP gli STRFKR mettono in mostra il loro lato più danzereccio ed energetico. Il fantastico uno-due iniziale scandito da "Medicine" e "Boy Toy", canzoni che per forza ed immediatezza sono seconde sono a "Julius" nel repertorio degli Starfucker rappresentano perfettamente il mio archetipo di canzone pop-dance: vivace, spigliata, ironica ed ammiccante in un modo che risulta del tutto naturale, spontaneo; esattamente come l'evergreen "Girl Just Wanna Have Fun" di Cyndi Lauper, che i Nostri omaggiano con una cover semplice e lineare, fedelissima all'originale, e per questo piacevolissima. Gli anni '80 sono un chiodo fisso per Joshua Hodges e soci, in questo EP più ancora che nelle loro altre uscite, la new wave è una stella polare a cui fanno riferimento episodi come "Dance Face 2000" e "Bed-Stuy (Super Cop)" con le loro pulsazioni ipnotiche abbinate a voci filtrate ed effettate, un trademark ricorrente per la band di Portland. "Biggie Smalls" invece continua sulla falsariga di "Pop Song" dell'album d'esordio proponendo un vivace ed immediato power-pop elettronico, chiudendo in grande stile con "Jupiter", titletrack strumentale che si rivela essere una piccola finestra aperta sul futuro della band, anticipando con il suo groove piacevolmente straniante la svolta ed il definitivo salto di qualità di "Reptilians".
"Jupiter" è quindi un extended play di quelli che contano, del tutto equiparabile ad un album vero e proprio come importanza per il gruppo ed il suo percorso artistico. Joshua Hodges mette in mostra le sue grandi doti di istrionico e talentuoso songwriter pop elaborando il suo personale mix di elettronica, dance, new wave e psichedelia in una forma più delineata rispetto all'esordio, e dopotutto è ampiamente dimostrato che non è il numero di canzoni o, peggio ancora, la durata a fare grande un album, bensì le idee e i suoni in esso contenuti, e "Jupiter" è un bel concentrato di freschezza e vitalità, con la mente al passato ed il cuore proteso in avanti. Questo EP è l'effettivo punto di partenza di una carriera ancora giovane e che auspico possa continuare con auteriore maturità e convinzione su questi binari, perche il futuro delle qualità migliori della musica Pop sta tutto nell'ispirazione di nuove leve come gli STRFKR.
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