A Stefano, quando mi dicesti “...e allora senti cosa fò”

Hai avuto la sfortuna di condividere il palco con gente che urlava più forte.

Hai avuto la sfortuna di condividere il palco con gente che, in una coltre di ermetismo, risultava essere più attraente.

Hai avuto la sfortuna di condividere il palco con gente che per sopperire alla penna dava voce al guardaroba.

La tua sagacia irriverenza comica non l’ha mai presa seriamente nessuno, neanche tu forse. Trattavi quell’asfissiante esistenza con scherno, sapevi che era l’unico modo per non uscirne a pezzi, anche se quando il sole si nascondeva, l’ombra delle crepe usciva fuori. Prima di altri hai non insegnato ai bambini

“lascerei ai bambini il loro tempo

e no mille inventate verità

la sicurezza, il posto e la conquista

son grossi cancri per l'umanità”

Odiavi le ipocrisie della gente, le incongruenze, le doppiezze che i tuoi occhi non potevano fare a meno di notare e la tua mano non poteva fare a meno di scrivere, tu attento scrutatore e contastorie di un Italia che hai raccontato sempre in modo lucido, senza alcuna offuscata patina.

“Odio chi prende a calci i cani e a casa ha il pesciolino in vasca

Odio chi va a messa la domenica e poi picchia i figli”

Sei stato l’unico ad aver promesso a Francesco, Giorgiana e tutti coloro che accecati da un’idea, hanno perso la vita, se poi le promesse hanno avuto esito negativo non importa, hai infuso speranza.

E quando m'incontri, se pensi di me
Tu sappi che il sole che splende è per te
E il grano che nasce, e l'acqua che va
È un dono di tutti, padroni non ha”

Talmente coerente da aver conquistato la libertà. La stessa Libertà che ti è sempre stata vicino, quasi ti dimenticavi di possederla, la davi per scontato senza però sottovalutarla mai, dicevi: <<Libertà, e scusate se è poco>>

“Libertà come sei cambiata
Quasi quasi è certo che non eri tu.”

Con quel finale che ricorda un po’ il sogno Felliniano. D’altronde tu sognatore lo sei sempre stato. La stessa chimera che ti ha esiliato.

Oggi rimane l’utopica speranza che ti risvegli da quella dimensione illusoria e che un candido nuvolo di gente canti e balli le tue canzoni con ardore e unione, con lo stesso fuoco che dentro di te bruciava e la cui fiamma non fu mai fiacca, che abbia coscienza di quanto tu sia stato -e rimasto- grande. Che i posteri abbiano ricordo di te e quindi decidano loro quando giunge il momento di voltarsi.

Domani?

Domani è un altro giorno, chi lo sa…


“E anche oggi vedo gente che ci muore
Chi sul fronte armato, chi dentro a un cantiere
Chi in un bar, flippato, a scrivere parole
Che nessuno forse poi rileggerà
Ma domani è un altro giorno, chi lo sa...”

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