Seduto su una sedia, fuori sul balcone di casa; così si presenta Steve Turner nella copertina del suo primo disco solista uscito nel 2003. Lui è il campione del rumorismo più sfrenato, del fuzz chitarristico tagliente nei Mudhoney; ma siamo da tutt'altra parte in questo lavoro. Quattordici brani che superano di poco la mezz'ora di durata; la "ricerca della melodia" e della musica tradizionale, attraverso una rivisitazione fresca e spontanea di armonie country elettro-acustiche che rimandano subitamente a Dylan o a Neil Young.

Come prima di lui i Nirvana, gli Alice In Chains ed i Pearl Jam, anche Steve abbandona per una volta la cattiveria sonora per approdare a canzoni di una disarmante semplicità: il blues acustico di "Idiot Blues" che apre la raccolta, il leggero country polveroso della successiva "Living Through The Mistakes" o la stessa title track con richiami western; brani che ti catturano già dal primo ascolto.

Un album intimissimo, con alcune registrazioni avvenute nella stessa camera da letto dell'autore; si fa aiutare, in questo piccolo ma variopinto gioiello, da Stone Gossard al basso e da Dan Peters, batterista e suo compagno nei Mudhoney.

Ed è la cover cantata a cappella di "Last Call", brano scritto da Dave Van Ronk (alle origini del folk di protesta), a sancire la conclusione di un disco sorprendente ma incantevole.

Dateci un ascolto, semplicemente.

Ad Maiora.

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