Le Sugababes sono riuscite durante lo scorso decennio a ritagliarsi un dignitosissimo posticino nello sfaccettato contesto pop inglese da mille e un synth, un significativo tassello di popular music egregiamente prodotta che tuttavia è stato spazzato via da una serie di cambi e rimpiazzamenti fin troppo fastidiosi e del tutto nocivi per la purezza integrale di uno dei girl-group più creativi e proficui del panorama anglofono.

Il trio, composto al varo del progetto Sugababes da Mutya Buena, Keisha Buchanan e Siobhán Donaghy, debuttò con One Touch, ma fu solo con l'ingresso della più promettente e affascinante Heidi Range - al posto della discreta Donaghy - che inaugurò la stagione delle faville in classifica con i successivi Angels With Dirty Faces, Three e Taller In More Ways; nel 2006, sazie di una lunga lista di top ten in patria e non e trionfie con il primo greatest hits celebrativo Overload, le Babes non riuscirono a salvaguardare la seconda (e maggiormente lucrativa) line-up smarrendo per la strada tutte le componenti originali della band: inizialmente la defezione parve limitarsi a Mutya Buena, ma in seguito coinvolse l'ultima delle fondatrici - Keisha Buchanan. I rimpasti, peraltro spinti da manager e casa discografica, portarono all'ingresso di nuove Babes fin troppo avvenenti e con un modesto potenziale carismatico sul piano della creatività e del pentagramma; i numeri di vendita pure calarono e l'ultimo sforzo, Sweet 7th, ha confermato il fallimento della nuova formazione, del tutto avulsa dal valore intrinseco degli esordi.

Eppure, nonostante la confusione e lo sfacelo dovute ai continui rimpiazzi, le Sugababes 1.0 e 1.1 andrebbero annoverate fra le più lucenti stellette del contesto mainstream di Sua Maestà. Quasi al pari di illustri quote rosa in musica quali All Saints, Mis-Teeq e Girls Aloud, le Babes sono state in grado di sdoganare efficacemente il persistente link fra girl-group e musica spazzatura e/o da teenager, un fastidioso luogo comune teso ad accomunare le formazioni sopra citate al filone bubblegum 90s delle Spice Girls. Insomma, con l'avvento del nuovo millennio tutto questo ben di Dio di pop femminile ha lasciato perdere la frivola e cangiante multicromaticità delle Ragazze Pepate, lasciandosi alle spalle frotte di adolescenti in calore. Via, dunque, sonorità da balletto scolastico alla Britney e alle leve filoDisneyane per far spazio ad una vera e propria miscela fra le tendenze black made in USA con la verace tradizione underground anglo-europea.

Le Sugababes, a mia opinabilissima e confutabilissima opinione, hanno meglio interpretato questo cambiamento di rotta nell'universo pop femminile sfornando un buon gruppetto di lavori in studio dalle molteplici sfaccettature. Angels With Dirty Faces, secondo album e primo con la bionda Heidi, è stato il factotum di questa sorta di "neopop", un disco estremamente ricco di suoni e denso di toni, tonalità e umori, dal R&B-Hip Hop birichino strizzante l'occhio alle babes gangsta oltreoceano all'alternative da classifica, passando per elettronica di classe, punk-rock sbarazzino e qualche coraggioso accenno garage-trip hop. Il risultato si palesa in una composizione curata, ben prodotta, un pop raffinato e coevo nel flirtare i grandi rotocalchi, le agguerrite competizioni di chart ma anche i palati più fini e le orecchie più scettiche e caparbie, specie all'ambiente mainstream spesso troppo patinato e luccicoso.

Sin dal debutto della tracklist, affidato al graffiante e felino synth-rock di Freak Like Me, l'album ringhia un enorme potenziale creativo: dall'elettro-freeky Round Round - classicone delle Babes - si fa capolino al divertente e glitterato punk-hip hop di Virgin Sexy, al techno-funky malizioso di Supernatural e all'avanguardistico esperimento dubstep-R&B per Blue. Completano la già ricca tavola imbandita Stronger, struggente ballad dai risvolti synth, l'elettronica ghetto-glitch e birichina di Angels With Dirty Faces, la parentesi conclusiva acustica-unplugged affidata a Breathe Easy (Acustic Jam) e la malinconica Shape, una sorta di midtempo-omaggio a Shape Of My Heart, interpretato dal veterano Sting quasi un decennio prima.

E' triste quando un ottimo progetto pop va in frantumi per il capriccioso "volli,fortissimamente volli" delle major e la necessaria decadenza nel baratro dell'eccessiva avvenenza e dell'esasperazione sessual-erotica a soppiantare la buona "musica per tutti i gusti" fatta bene, con passione e determinatezza. Resta comunque questo gradevolissimo album, un lavoro concepito senza troppe piallature estetiche di superficie (basta visionare gli artwork delle cover dei primi lavori per avvalorare questa tesi), ma con la convenzione di produrre un gustoso lavoro fruibile dagli amanti del pop, magari un po' malizioso e stuzzicante, tuttavia privo del soffocante rosso fuoco, il principale denominatore comune di un music biz nel quale la scissione fra validità creativa e proposta visivo-raffigurativa dei progetti pare impossibile da attuare.

Sugababes, Angels With Dirty Faces

Freak Like Me - Blue - Round Round - Stronger - Supernatural - Angels With Dirty Faces - Virgin Sexy - Shape - Switch - More Than A Million Miles - Breathe Easy (Acustic Jam). 

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