Il Regno del Bhutan è un piccolo stato himalayano abitato da meno di un milione di persone. Storicamente è conosciuto come "Lho Pho Mon" ("terra meridionale delle tenebre") oppure come "Lhomen Khazhi" ("terra meridionale delle quattro vie d'accesso"). I suoi abitanti chiamano se stessi "Drupka" e la propria patria "Druk Yul" che significa "terra del drago". Il paese è stato esplorato la prima volta dagli europei (gesuiti portoghesi) nel 1600; dalla fine del 1800 finì sotto l'influenza britannica che dominò il paese secondo quel principio "dividi et impera" e le cui conseguenze sono ancora oggi dolorose in tutta la regione. È qui che è nato e cresciuto il musicista Tashi Dorji, una "scoperta" di Ben Chasny (Six Organs of Admittance) e che di recente lo ha proposto nel terzo capitolo delle pubblicazioni "Hexadic" su Drag City assieme ad artisti come Moon Duo, Jenks Miller, Richard Youns e Stephen O' Malley...
Tashi dal 2000 risiede negli USA a Asheville in Noth Carolina ed è uno dei chitarristi più interessanti della scena alternative americana. Dopo essere entrato nell'orbita di Ben Chasny, il passo successivo è stato il fortunato incontro con un batterista talentuoso e istrionico come Tyler Damon, classe 1987 e residente a Bloomington, Indiana. Sebbene i due vivano in due posti differenti degli USA, questa distanza appare in qualche maniera annullata dalla grande empatia, quasi una specie di telepatia, che tiene in piedi il duo: un legame speciale e la cui forza è evidente tanto nelle registrazioni in studio che durante le performance dal vivo.
L'ultima pubblicazione è questo live a St. Louis nel Missouri registrato il 2 novembre del 2016. Il disco si intitola "Leave No Trace" ed uscito a febbraio su Family Vineyard: due lunghe tracce completamente improvvisate per una durata totale di mezz'ora e in cui il duo dà vita a una performance assolutamente indimenticabile. Riferimenti come Sun City Girls e 75 Dollar Bill non sono sicuramente fuori luogo, ma la musica di Dorij e Tyler Damon ha una forte componente noise e avanguardista che sfocia in una estetica che si può ricollegare a musicisti come Colin Stetson e esperienze avant-jazz, così come vi possiamo tracciare una certa componente spiritista e allo stesso tempo astratta: come se questa musica fosse un manifesto d'avanguardia e una forma di linguaggio di trasmissione "orale" intesa nel senso più ampio della definizione e una propagazione di quello "spirito del drago del tuono", mito e leggenda ma anche emanazione "spirituale" di forze naturali ancestrali e che qui divampano in tutta la loro potenza facendovi fare un salto ideale nelle remote regioni ai bordi dell'Hymalaia fin dove si spinse Alessandro Magno e dove Rudyard Kipling ambientò quella magnificente opera che è "The Man Who Would Be King".
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