La faccenda è all'incirca i sessanta negli ottanta, galeotta l'ennesima bibbia rock..

Che, se io, devoto fanciullo psichedelico, leggo di “un terzo orecchio per le melodie sbilenche capaci di aprirsi a un certo punto in squarci celestiali, per poi tornare subito dopo a un andamento da filastrocca stonata”, ecco, si, io, proprio io, non posso fare a meno di mettermi in viaggio.

E magari, già che ci sono, prendo pure a prestito lo strano mezzo di locomozione che potete ammirare nella mirabile copertina. Qualcosa tra la macchina del professor Balthazar e la bicicletta di Syd.

Non solo, sarà che sto leggendo Carson McCullers, ma le armonie sbilenche di cui sopra mi fan pensare alla ragazzina Mick, quella che cercava di costruire un violino da un ukukele sfondato…

Ed è uno strumento del genere a suonare idealmente la musica che più amo...

...

“Io le dissi ridendo “ma signora Aquilone

non le sembra un po' idiota questa sua occupazione?”

E l'occupazione (e questo lo aggiungo per i pochissimi disinformati) sarebbe quella di volare nel vento...

Alice non lo sa e nemmeno Francesco, ma la signora Aquilone è intima amica di una certa suora. Una suora un filino volante pure lei...

E scusate se comincio così, ma è proprio volando che qui si comincia. E si vola, ovviamente, nel cielo caleidoscopico...

Ah, questi psichedelici sempre con la testa tra le nuvole!!!

Allora c'è un tizio che dice di essersi perso e pensa “chissà magari sono finito dentro quella scatola”. Allora prende la scatola, ci guarda dentro, ma niente, di lui nessuna traccia.

Poi, in un sussulto di disperato buon senso, si mette a ragionare in siffatto modo: “ma insomma, io sono qui e se sono qui non dovrebbe essere difficile trovarmi” e infatti si trova. Solo che non è lui.

“Non voglio più essere io”, disse il poeta nella notte dei tempi, non sapendo, immagino, di gettar esca e amo per tutti gli psichedelici a venire. Anche se poi, sia detto per inciso, chi mai vuol essere io? Chi?

Ora tutto ciò è raccontato in veste di folkettino da paese appena appena addizionato di leggerissimo gas psichico e si trova a traccia undici di questo mirabile disco/album che mi manda pressapoco in brodo di giuggiole.

La collocazione è a destra dei primi Floyd (quelli davvero buoni) e a sinistra degli XTC sixties oriented

Il punto esatto è quello in cui istinto del volo e malinconia si incontrano scambiandosi un mezzo sorriso.

...

Ma ora qualche informativa propedeutica al prosieguo della narrazione.

Innanzi tutto, il brodo di giuggiole esiste davvero e non è solo metafora. La ricetta mi è stata rivelata in sogno dalla suora volante_si prendono le giuggiole e si mettono a macerare con zucchero e brandy. Tutto qui? Tutto qui. Si, ok, ci sarebbe anche un ingrediente segreto, ma quello non posso dirvelo. In ogni caso scopo di questo celebre brodo è prendere la malinconia dell'autunno e farla svolazzare nell'aere. Funziona, a quanto pare, più dello xanax.

Altra cosa: sono assolutamente certo dell'esistenza della Nuova Zelanda, ne ho, come dire, le prove. Una mia amica infatti, qualche anno or sono, concedeva le sue grazie a un nerboruto personal trainer proveniente da quella misteriosa zona del mondo. Esistono quindi anche i personal trainer? Beh, su questo non mi sbilancio, anche se, come Bartleby, “preferirei di no”.

Ok, ho menato il can per l'aia, ma insomma diciamo che questi Chills, pur sembrando più inglesi del tè delle cinque, vengono per l'appunto dalla Nuova Zelanda e che il disco oggetto di recensione uscì nei primi ottanta per la benemerita Flying Nun.

Essendo lunghetto anzichenò non posso certo squadernarvelo tutto, ma, ad esempio, traccia uno è dolce e smandrappato spaesamento, traccia due qualcosa di trovato e irrimediabilmente perso, traccia tre la classica giostrina alla deriva, traccia quattro è “tutto quello che vuoi, ma non farmi tornare a casa”, cinque, invece, è secca e sferragliante...

E così via, cosi via...

Aspettatevi comunque tutti i trucchetti sixties, quelli che già vi ho detto e quelli che non c'è bisogno che vi dica. Aggiungete un filino di wave e il “bi ba bi ba bi bo” di uno dei ritornelli presenti. E sappiate che si tratta di pop, di quello buono, anzi buonissimo…

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Ah, la ragazzina Mick…

La ragazzina Mick saliva sempre sul tetto della casa in costruzione con una scala scassata e sbilenca…

Ed è precisamente con una scala come quella che certe melodie salgono al cielo…

Trallallà...

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