Innanzitutto ogni disco dei Cure ha una sua ottica e, nella sua semplice eppur particolare architettura riflette uno "stato mentale". Per questo premetto subito che questo ultimo lavoro è un degno capitolo di una discografia lunga 31 anni che vuol andare avanti ancora, quando ormai il Dark non tira più e la New Wave è morta.

Dallo scorso "The Cure" di certo la band, spogliandosi  di quel sound appeal aggressivo, esalta maggiormente la freschezza delle sonorità e della ritmica, rispolverando alcune regole essenziali del proprio passato e lo fa nella sua tipica e ben confezionata chiave pop-rock. Nessun esperimento particolare, né concept monotematici, ma anche nessuno sbandamento: Robert Smith ha scritto i brani contando sul ritorno alle chitarre del cognato Porl Thompson e della quasi totale assenza delle tastiere, visto il licenziamento del tastierista Roger O'Donnel.

La varietà della tracklist è notevole e tale è anche il tributo che la band porge alla sua produzione passata: si parte con "Underneath the Stars" che ricorda in parte le atmosfere di "Pictures of you" aggiunte di una ritmica incalzante alla "The Kiss"; poi alla 3 c'è "The Reasons Why" che esordisce con un basso di neworderiana memoria e via subito dopo con "Freakshow" che si riallaccia abbastanza sgonfiamente a "Never Enough" del 1990; alla track 5 c'è la splendida "Sirens Song" in cui si percepisce il sapore delle ballads di "Wild Mood Swings" ("Jupiter Crash" in primis); alla 8 c'è "Switch" che come ritmo di batteria e chirarra ricorda molto il sound di "Wish", in particolar modo quello del brano "From the edge of the deep green sea";  il brano 11 "Sleep when i'm dead" ci riporta al 1987 ed alle atmosfere di "Kiss me Kiss me Kiss me" e stessa cosa fa la conclusiva "It's Over".

In definitiva "4:13 Dream", con il ritorno in splendida forma delle chitarre di Porl Thompson, è un buonissimo disco, non un "concept album" come "Seventeen Seconds", "Faith", "Phornography", "Disintegration" o "Bloodflowers" (che a mio avviso sono insuperabili), tuttavia ha dalla sua un sound meno sinfonico ma molto ben confezionato e suonato, in coerenza con i momenti più ariosi e ridenti di una band storica e del tutto particolare quale quella dei Cure che, ricordo, è giunta al 13° album... come passa il tempo!!

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