E' già tutto scritto nel titolo del disco.

Siamo agli albori dei Dream Syndicate; due mesi dopo questa esibizione live viene messo in circolazione il primo album della santificata, non solo da parte mia, band di Steve Wynn. Accompagnato da Kendra Smith, Karl Precoda e Dennis Duck.

Da poco tempo si sono messi insieme; soltanto una manciata i concerti che hanno fino a quel momento suonato nella loro California per creare quel suono così appuntito, nervoso, graffiante. Rappresentano il lato più dark, visionario e metropolitano del nascente Paisley Underground.

Acid Rock che si dirige dalle parti di Velvet Underground e Television.

E' il 5 Settembre del 1982; sono già una piccola-grande leggenda nella Città degli Angeli. Si ritrovano nello studio ZZZZ di North Hollywood per la radio californiana Kpfk e registrano questa oretta di grezzo rumorismo sonoro; qualità audio decisamente lo-fi ma "chissenefrega".

Leggenda narra che tutti o quasi fossero presenti all'evento: Green On Red, Rain Parade, anche le Bangles. Addirittura testimoni fidati giurano di aver visto muoversi tra il pubblico dei giovanissimi R.E.M. Comunque una cosa è certà: gli spettatori furono investiti da una valanga elettrica ben rappresentata dall'immagine di copertina (con un Precoda intento a disegnare i suoi acidissimi giri di chitarra, mentre appare in primo piano l'ombra di Steve impegnato anch'esso a rovinare le corde del suo nobile strumento).

Il Rock lisergico di sessantiana memoria che incontra il nervosismo del Garage; accentuato da interminabili cavalcate elettriche e da una asciutta espressività dall'acre sapore Punk. Brani scritti di loro pugno che finiranno poi sull'esordio come "That's What You Always Say", "When You Smile" e "The Days of Wine and Roses" (gradito, anche da parte vostra, l'abbondante minuto di raccoglimento visto la portata di simili immortali capolavori); "Mr. Soul" dei Buffalo Springfield, "Outlaw Blues" di Dylan (anzi Bobby Dylan pronunciato così da Steve nell'annunciarla!!).

In quella magica nottata i Syndicate suonarono "Open Hour" una canzone che due anni dopo verrà riproposta, come "John Coltrane ecc...ecc...", in "Medicine Show" (si prosegue con il raccoglimento votivo) e diventerà un micidiale e conclusivo cavallo di battaglia dei loro live act.

Prima di concludere una doverosa citazione dello stesso Steve su uno dei dischi che lo hanno maggiormente influenzato: "Sono un chitarrista. Amo la chitarra e credo che le sei corde possano coinvolgere ogni emozione nello spirito umano. Questo è l'esempio perfetto ed è il più grande testimone delle meraviglie della chitarra". Parole sante caro il mio Steve, parole sante.

Dimenticavo una cosa: il disco in questione è "Marquee Moon" dei ..........dai che non serve scrivere il nome della band di Tom Verlaine!!!

Ad Maiora.

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