Hopelessly devoted to you.

Ed eravamo tutti innamorati di Olivia Newton John.

Sono in 5, sono di Sydney e tra di loro gravita una deliziosa vocalist femminile. Dalla copertina dell'album si percepisce che è magra e che ha fianchi stupendi. Formatisi nel 2012, mulinello avvolgente con chitarre a 12 corde, organi anni '60, sezione ritmica pulsante e voci stratificate, la filosofia è cocciuta, indipendente ed artigiana.

Si parla nell'album di qualcuno che non c'è più, in tanti casi coloro che sono assenti possono rivelarsi più focali dei presenti, forse c'è solo John che parla del ricordo della fiammante Olivia, forse c'è dell'altro.

60's Golden Age richiamando The Byrds, 13th Floor Elevators e The Electric Prunes., chitarre jangle e gli organi vintage sono una dichiarazione d’amore per quel periodo che lascia pochi dubbi. Ed i 90's con elementi shoegaze e solo qualche miele post punk intrecciato con spore di krautrock, il fuzz presente in modalità parental control, con quel drone sedato e meditativo ma mai dispersivo eh. E poi i loro compagni di merenda, King Gizzard & The Lizard Wizard, The Babe Rainbow e The Dandelion, e si collocano nella stessa corrente neo-psichedelica australiana, pur mantenendo una propria identità sonora più eterea e meno garage. Tirando la freccetta il magnete porta sempre dalle parti di Come Together, pannello avvolgente tra Velvet, Byrds e sonorità MBV, la batteria è secca e metronomica, con richiami al motorik tedesco, mentre il basso guida la progressione armonica con linee semplici ma efficaci. Ascolto ideale per chi è sempre in partenza e non ama stagnare, "Volume Two" dei The Grease Arrestor si presenta come un'opera di trasmutazione sonora, un viaggio iniziatico che riecheggia i principi dell'alchimia spirituale : il superfluo viene bruciato per lasciare spazio all'essenza. Le chitarre a dodici corde e gli organi anni '60 sono il mercurio e lo zolfo che si fondono, generando un suono che penetra e tinge l'anima, proprio come la tintura descritta da Avicenna nel trattato alchemico.

Le melodie jangle si avvicinano ai The Byrds, ma filtrate attraverso il prisma caleidoscopico dei Temples e dei The Asteroid #4. C’è anche qualcosa dei The Warlocks, ma senza la cupezza, come se la loro oscurità fosse sublimata in luce. I The Grease Arrestor sembrano aver letto il Corpus Hermeticum e deciso di tradurlo in onde sonore, dove ogni riff è un sigillo, ogni armonia un talismano, ogni ritmo una formula magica. L’album è una mappa stellare che collega i Pink Floyd di Barrett agli Allah-Las, passando per Spacemen 3 e The Lucid Dream, ma con una coerenza alchemica che trasforma l’influenza in oro musicale. Ed immersi in questa glassa dorata di brillantina – ascoltando John Paul ovunque vi troviate, tra le essenze di questo distillato psichedelico che vibra come un athanor musicale, nel ricordo di Olivia e di coloro che non sono più presenti, lasciarsi trasportare dal medium alchemico che trasforma il suono in ponte ontologico. Ogni traccia una soglia, un passaggio tra il visibile e l’invisibile, dove la vibrazione diventa memoria e la melodia diventa spirito, attraverso quei fianchi femminili che compaiono ancheggiare in danza attorno ad un falò, quel corpicino sottile che respira attraverso il drone e pulsa attraverso il jangle, quel transfert, dove l’ascoltatore proietta e riceve, incontra ciò che è stato perduto, ciò che non è più presente nel mondo materiale ma che vibra e brilla ancora nel campo archetipico.

Gloria a te, Olivia ed a tutti gli amici brillanti che non ci sono più. Si parla nell'album di qualcuno che probabilmente è passato a miglior vita, in tanti casi coloro che sono assenti possono rivelarsi più focali dei presenti, forse c'è solo John che parla del ricordo della fiammante Olivia, forse c'è dell'altro.

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