Voglio parlarvi di un disco che mi mette sempre di buon umore, di un disco che non mi stanco mai di ascoltare, di un disco spontaneo e semplice, di un disco che mi spinge a osare. "Dare!" degli Human League è un gran bel disco, un simbolo del new romantic inglese, dei tempi maturi per la musica elettronica di massa, diceva chiaro e tondo che la disco era morta e che il sound dei Kraftwerk non era ormai più appannaggio di una elite. Su questo album, quello in assoluto di maggior successo della band capitanata da Philip Oakey, si possono spendere tante parole e fare filosofia finché si vuole. Io invece vorrei riprenderne lo spirito e fare una recensione semplice.

Come mi capitò tra le mani? Quella copertina... sì, quella con quel viso truccato, liscio, perfetto... aveva qualcosa che in un qualche modo mi diceva: "ascoltami". Più o meno sapevo chi fossero gli Human League (visto che conosco piuttosto bene gli Ultravox, Bowie e mi piacciono i Roxy music) ma di loro non avevo mai ascoltato nulla. Così per 10 € mi faccio la ristampa su CD (l'originale risale al 1981) e lo do in pasto al Hi-Fi di casa. Cosa succede? Semplice, parte subito. "The Things That Dreams Are Made Of" oggi lo posso considerare una sorta di manifesto personale. "Take a cruise to China, or a train to Spain, go around the world again and again" , "Do all the things you've never dared" . Un testo molto easy e sempliciotto, ma al tempo stesso così coinvolgente e allegro. Il tutto condito da elementari quanto a volte, nella loro semplicità, geniali melodie e ritmiche, tutte rigorosamente elettroniche. QUESTO era quello che la mia fame di musica chiedeva a gran voce di saziare. E saziato fui.

Dopo il vivace intro si passa a "Open Your Heart" , con quel riff di synth nel ritornello che diventerà marchio di fabbrica dell'album. Le coriste Joanne e Susanne (la mora e la bionda per i più attenti nei videoclip) qui si fanno sensibilmente più notare. Altri 4 minuti di spensieratezza che volano. Se l'appetito vien mangiando ecco che si presenta uno degli emblemi della band di Sheffield, un singolo che spopolò nelle piste da ballo occupate fino a ieri da sola disco music. "The Sound Of The Crowd" è essenziale e minimale fino all'osso, un principiante qualsiasi la suonerebbe senza problemi (qui si nota quanto la new wave sia vicina all'attitudine punk) ma non è nella complessità degli arrangiamenti che il sound degli Human League (come lo fu per i Kraftwerk) trova se stesso, bensì invece nelle scelte stilistiche giuste e negli abbinamenti (un lavoro da sarto insomma).
Così si approda alle atmosfere oscure, pastose e sinistre di "Darkness" (cantata da un intenso e gelido Oakey) , vero passaggio new romantic del disco che da un ulteriore tono all'opera, che appare fin qui già ben condita. Volendo sfruttare un po' di più l'hardware in proprio possesso, la band, con l'ausilio della (allora) estremamente innovativa Linn drum (la prima drum machine che usava campioni digitali per il suono dei componenti e non la sintesi analogica) ricreano in studio le ritmiche esotiche solari di "Do Or Die", simbolo che la gelida elettronica sa anche essere calda e briosa come un coro gospel o una voce soul.

A questo punto si entra nel lato B del LP con l'interludio strumentale di "Get Carter" (una malinconica melodia eseguita con un synth) e poi con la interessante "I'm The Law", che richiama un po' a se il sound già sentito in "Darkness". Si passa in breve alla "Bowieana" "Seconds" (a mio parere tra le più belle dell'album) prima di incontrare, proprio quando si pensa che il disco sia ormai giunto al termine, il "cuore" pulsante di tutto il poutpourri di Dare, due singoli da numero 1. Per prima "Love Action (I Believe In Love)" , che metterei tra le mie preferite in assoluto dell'intera discografia del gruppo, con un testo ovvio e spensierato, quanto in realtà appagante e funzionale. L'ultima song è la famosa "Don't You Want Me" , nella quale non spendo parole in commenti, visto che il passaggio d'epoca nei dancefloor (dagli anni 70 agli 80) di cui è stata responsabile si commenta da solo.

A fine riproduzione il disco te lo ricordi, le sue note risuonano nella mente e ti fa voglia di sentirlo ancora. Non è un lavoro che senti e poi butti, riesce veramente a entrarti in testa! In seguito gli Human League avranno altri grandi successi e pubblicheranno dischi di comunque più che buona qualità (i singoli "The Lebanon" e "Human" su tutti) , ma i picchi di "Dare!" non li raggiungeranno più. Se poi qualcuno vuole scoprirsi gli Human League in versione sperimentale (come prima della svolta "pop" di "Dare!") se li potrà gustare nelle ristampe di "Reproduction" (1978) e "Travelogue" (1979). Gli Human League "versione pop" migliori invece si possono trovare nel EP "Fashination" (1982), e negli album "Hysteria" (1984) e "Crash" (1986, in versione più R&B). Particolare per collezionisti e amanti delle chicche: la Virgin ha dato in ristampa anche il disco di remix di "Dare!" che gli Human League pubblicarono come "Love and Dancing" nel 1982 sotto il falso nome di "The League unlimited orchestra" (parafrasi alla "Love unlimited orchestra" di Barry White). Per chi non si vuol perdere proprio nulla insomma.

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